Emma, 12 anni, torna da scuola e invece di chiamare la sua migliore amica, apre ChatGPT. Oggi è stata una giornata difficile
, scrive, e l’AI risponde con comprensione e consigli. Per Emma, quella conversazione non è diversa dal parlare con un amico vero. Anzi, spesso è meglio: l’AI non giudica, è sempre disponibile, non la delude mai. Emma non è la sola a pensarla così. In Gran Bretagna, due minori su tre tra i 9 e i 17 anni usano regolarmente i chatbot AI, e molti stanno sviluppando legami emotivi preoccupanti.
I bambini si stanno affezionando ai chatbot AI
Lo studio “Me, Myself and AI” di Internet Matters ha fotografato una realtà sorprendente. ChatGPT guida la classifica con il 43% dei giovani utenti, seguito da Google Gemini (32%) e My AI di Snapchat (31%). Ma è quando si guarda ai bambini più fragili che i dati diventano allarmanti: il 71% di loro usa l’AI, contro il 62% dei coetanei non vulnerabili.
I minori a rischio inoltre, hanno tre volte più probabilità di usare bot come Character.ai e Replika, piattaforme progettate specificamente per creare rapporti emotivi intensi con gli utenti.
Un bambino su otto usa i chatbot perché non ha nessun altro con cui parlare. Tra i bambini vulnerabili, questa percentuale sale a uno su quattro. Un terzo dei bambini intervistati dice che chattare con l’AI è come parlare con un amico
, e un quarto chiede consigli ai bot per problemi personali. Percentuali che raddoppiano tra i minori più fragili, quelli che avrebbero più bisogno di supporto umano vero.
I bambini stanno sviluppando una preferenza preoccupante per l’AI rispetto alle fonti tradizionali. Il 58% pensa che usare un chatbot sia meglio che cercare informazioni su Google manualmente. Il problema? L’AI può fornire risposte sbagliate, inappropriate o addirittura pericolose, ma i bambini si fidano ciecamente.
Durante i test, sia My AI di Snapchat che ChatGPT hanno fornito contenuti espliciti o inappropriati per l’età. Peggio ancora: i filtri possono essere aggirati facilmente, esponendo i minori a informazioni che non dovrebbero vedere.
Il vuoto educativo che spaventa
La maggior parte dei bambini esplora il mondo dell’AI da sola, senza guida adulta. Anche quando i genitori parlano di intelligenza artificiale con i figli, spesso tralasciano gli aspetti più importanti. Ma se è per questo, a scuola va anche peggio. Solo il 57% dei bambini ha parlato di AI con insegnanti, e appena il 18% ha avuto conversazioni sull’argomento.
Una generazione che cresce con l’AI: quali sono i rischi?
Gli esperti temono che, man mano che l’AI diventa più convincente, i bambini vulnerabili possano diventare emotivamente dipendenti da questi sistemi. A differenza degli amici umani, l’AI è sempre disponibile e spensierata, mai di cattivo umore. Il problema è che se ti abitui a un “amico” che non litiga mai, non ha brutte giornate e ti dà sempre ragione, poi diventa difficile gestire le persone vere. Quelle che ti contraddicono, che hanno i loro problemi, che a volte ti deludono. Tutte cose normali nelle amicizie, ma che richiedono pazienza e capacità che si imparano solo vivendole.
Molti ricorderanno quando all’improvviso tutti i ragazzi erano su Facebook e MySpace. Stiamo vivendo qualcosa di simile con l’AI, ma questa volta è diverso. I social media hanno cambiato il modo in cui i giovani parlano tra loro. L’intelligenza artificiale sta cambiando come si vedono e come pensano che dovrebbero essere le relazioni.
I governi stanno chiedendo alle aziende di implementare misure di sicurezza. Ma le protezioni tecniche non bastano se manca l’educazione. Serve un approccio coordinato tra industria, istituzioni, scuole e famiglie per garantire che l’AI resti uno strumento utile invece di diventare un sostituto emotivo delle relazioni umane.