CitizenNews inciamperà sulle leggi italiane?

CitizenNews inciamperà sulle leggi italiane?

di Giovanni Maria Riccio e Guido Scorza - Il progetto rivoluzionario di Googletube potrebbe dar vita ad una nuova era dell'informazione globale. Ma la normativa italiana non sembra proprio fatta per certe innovazioni
di Giovanni Maria Riccio e Guido Scorza - Il progetto rivoluzionario di Googletube potrebbe dar vita ad una nuova era dell'informazione globale. Ma la normativa italiana non sembra proprio fatta per certe innovazioni

Gli innovatori seriali di Big G hanno messo a segno un altro colpo rivoluzionario: Citizen news, un canale di informazione globale su YouTube che potrà contare su una redazione diffusa di milioni di giornalisti o aspiranti tali.
Informazioni da tutto il mondo, confezionate in casa attraverso una telecamera digitale, una webcam o piuttosto un videofonino e fatte rimbalzare, in tempo reale, in ogni più remoto angolo del mondo interconnesso grazie alla forza amplificatrice di YouTube, il più grande UGC del mondo.

Citizen News promette di rivoluzionare e sconvolgere il sistema dell’informazione tradizionale più di quanto internet non abbia fatto sin qui: da oggi – anzi ormai da qualche giorno – chiunque ha la possibilità concreta di raccontare ciò che gli accade attorno rivolgendosi ad un pubblico migliaia di volte più ampio di quello cui, sino a ieri, potevano rivolgersi i media mainstream .

Una connessione a internet, un occhio digitale, pochi click e, come per incanto, tutto il mondo conoscerà un’altra verità sulla strage dei monaci tibetani, sugli eccidi in Iraq o, piuttosto, sulle condizioni di vita a Cuba.

Per la prima volta nella storia dell’uomo, la libertà di manifestazione del pensiero sancita dalla Carta fondamentale dei diritti dell’uomo e del cittadino e – per guardare alle cose di casa nostra – dall’art. 21 della Costituzione, diviene concreta e cessa di soffrire dei vincoli e degli ostacoli legati alla limitatezza delle risorse di comunicazione.
In una famosa sentenza del 6 luglio 1960, n. 59, nel difendere la legittimità della disciplina nazionale sul servizio pubblico radiotelevisivo, i giudici della Corte Costituzionale scrivevano “che il diritto di libertà di diffusione del pensiero con qualsiasi mezzo, garantito dal primo comma dell’art. 21 Cost., non significa anche diritto di disporre di qualsiasi mezzo di diffusione del pensiero, ma soltanto diritto di diffondere il pensiero con i mezzi disponibili e in quanto disponibili (alla stessa maniera, ad es., che la libertà di domicilio non implica anche il diritto ad avere senz’altro un domicilio).” ed aggiungevano “Il diritto garantito a tutti dall’art. 21 in ordine ai mezzi importa soltanto, da un lato, che lo Stato “non impedisca, con norme, provvedimenti, misure discriminatrici e odiose, l’accesso e il godimento dei mezzi disponibili per la diffusione del pensiero, secondo il regime stabilito dalla legge (ordinaria)”; dall’altro, che lo Stato “provveda, invece, positivamente, ad adottare le norme necessarie perché la possibilità di godimento della televisione sia effettivamente uguale per tutti, senza particolari ingiustificati vantaggi a favore di questa o quella categoria, vantaggi che si riflettono in situazioni impeditive e restrittive per tutte le altre categorie”

Oggi, nell’era di Citizen News e non solo, nessun ordinamento di un Paese civile può più permettersi il lusso di individuare nella limitatezza delle risorse di comunicazione un ostacolo al dovere di garantire a tutti i cittadini la piena attuazione della libertà di manifestazione del pensiero.
Nessun dubbio, pertanto, che Citizen News vada sostenuto.

Il nuovo canale di YouTube, tuttavia, come ogni novità rivoluzionaria che si affaccia sull’universo telematico, solleva delicate ed importanti questioni giuridiche che appare urgente affrontare e risolvere proprio per garantire a questa iniziativa – ed alle tante analoghe che ci si deve augurare vedranno la luce nei prossimi mesi – lunga vita e prosperità.
Su tali questioni è necessaria una riflessione cauta, scevra da manicheismi e idee preconcette sulla quale, con questo contributo, vorremmo solo aprire un dibattito.

Questi i dubbi.

1. La nuova – ormai vecchia – disciplina sull’editoria varata, tra molte polemiche e ripensamenti, con la legge 7 marzo 2001, n. 62 definisce prodotto editoriale “il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici”.
A prima vista, sembra difficile sottrarre CitizenNews a tale ampia definizione.
La nuova disciplina, d’altro canto, stabilisce per i soggetti esercenti un’attività editoriale l’obbligo di iscriversi nel ROC – Registro degli Operatori della Comunicazione tenuto dall’Autorità Garante delle Comunicazioni – e prevede che ai prodotti editoriali si applichino le disposizioni di cui all’art. 2 e – qualora ne ricorrano i presupposti – 5 della Legge sulla stampa (la “vecchia” legge 8 febbraio 1948, n. 47).
YouTube – o meglio Google che lo possiede e gestisce – è, dunque, tenuto all’iscrizione nel ROC?

Per rispondere alla domanda occorre, tra l’altro, ricordare che la materia – successivamente al varo della citata legge n. 62 del 7 marzo 2001 – ha formato oggetto di un intervento equivoco ed ambiguo in occasione del varo della disciplina italiana in materia di commercio elettronico.

Al comma 3 dell’art. 7 del d. lgs. 70 del 9 aprile 2003 è stato, infatti, previsto che “La registrazione della testata editoriale telematica è obbligatoria esclusivamente per le attività per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle provvidenze previste dalla legge 7 marzo 2001, n. 62”.
La previsione non convinceva allora e non convince neppure oggi, apparendo inidonea a fare chiarezza e, anzi, suscettibile di accrescere la confusione.

Al riguardo basti pensare che una cosa è il Registro degli operatori della comunicazione oggi tenuto dall’AGCOM ed una cosa sono i registri delle testate da sempre tenuti presso le sezioni sulla stampa dei Tribunali. Il primo è un registro di imprenditori per finalità di finanziamento e di controllo dei “tetti” antitrust, mentre il secondo è un registro di testate istituito con la vecchia legge sulla stampa per finalità completamente diverse di controllo e responsabilità.

Allo stesso modo, proprio con riguardo al ROC, non possono essere taciute le forti polemiche suscitate dalla prima versione del disegno di legge Levi-Prodi , che obbligava all’iscrizione al Registro tutti i gestori di siti internet, blogger inclusi.

2. Chi risponderà dei contenuti trasmessi da Citizen News?
Se si guarda alla direttiva sul commercio elettronico, la responsabilità dovrebbe essere di coloro che forniscono i contenuti. Ma siamo davvero sicuri che nessun giudice sia di altro avviso e ritenga che la questione debba essere regolata dalla disciplina sulla stampa il cui ambito di applicazione ha, ormai, abbracciato anche l’informazione televisiva?

La risposta alla perplessità sollevata al punto precedente a proposito dell’applicabilità a CitizenNews della nuova disciplina sull’editoria e, conseguentemente, di quella sulla stampa condiziona, ovviamente, in modo importante anche la risposta a tale ulteriore dubbio.

Sempre dalla scelta di ritenere o meno applicabile al nuovo canale di informazione di Youtube la disciplina sulla stampa deriva, poi, un’ulteriore perplessità: Citizen News è tenuto all’obbligo di rettifica?
Francamente la rettifica appare uno strumento anacronistico nell’era telematica, ma considerato quanto di recente avvenuto nei tribunali francesi e quali sono state le oscillazioni delle corti sulla rettifica relativa ai contenuti pubblicati in rete, c’è poco da stare sereni.

3. Oggi YouTube – per porsi al riparo dalle contestazioni dei titolari dei diritti – adotta in relazione ai contenuti protetti da diritti d’autore tecnologie di watermark che sebbene all’inizio fossero state accolte con un po’ di scetticismo, sembra stiano dando degli ottimi risultati.
Accertare una violazione di altrui diritti di proprietà intellettuale è, tuttavia, assai più semplice che valutare l’effettiva sussistenza di una diffamazione.
Come si comporterà YouTube dinanzi alla notifica di chi assumesse di essere diffamato da un servizio in onda su CitizenNews?
Rimuoverà senza ritardo i contenuti oggetto di contestazione o, per farlo, attenderà un ordine dell’autorità giudiziaria?
Nel primo caso il rischio è che Big G si ritroverebbe presto a mettere il bavaglio alla sua stessa creatura: chiunque, infatti, non voglia che certe verità vadano in giro per il mondo non dovrà far altro che scrivere ai gestori del canale chiedendone la rimozione.
Nel secondo caso, invece, difficile credere che CitizenNews non sarà ben presto destinatario di richieste risarcitorie milionarie da parte di chi sosterrà di esser stato diffamato – a livello planetario – da questa o quella notizia apparsa sul nuovo canale di YouTube e non esser neppure riuscito ad ottenerne la rimozione.

È questo, probabilmente, il nodo più complicato da sciogliere su Citizen News e sulla possibilità che, attraverso esso, venga, finalmente, a crearsi un’informazione “dal basso”.
Voi che ne pensate? Il dibattito è aperto.

Giovanni Maria Riccio e Guido Scorza

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Pubblicato il
28 mag 2008
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