Consiglio d'Europa: la sorveglianza va sorvegliata

Consiglio d'Europa: la sorveglianza va sorvegliata

Il monitoraggio indiscriminato mina la fiducia dei cittadini, è inefficace nella lotta al terrorismo e può violare i diritti umani: gli Stati devono agire. A partire da un codice di condotta che tracci i limiti dell'operato dell'intelligence
Il monitoraggio indiscriminato mina la fiducia dei cittadini, è inefficace nella lotta al terrorismo e può violare i diritti umani: gli Stati devono agire. A partire da un codice di condotta che tracci i limiti dell'operato dell'intelligence

Il Consiglio d’Europa, l’organizzazione internazionale che agisce per promuovere la democrazia e i diritti dell’uomo nel Vecchio Continente, ha condannato duramente le operazioni di sorveglianza di massa portate avanti dalle agenzie di spionaggio dei cosiddetti Cinque Occhi (USA, UK, Canada, Australia, Nuova Zelanda) e svelate dalle rivelazioni dell’ex contractor NSA Edward Snowden.

Mentre negli anni passati il Consiglio d’Europa era intervenuto sulla gestione della rete con due raccomandazioni a tutela dei principi fondamentali come il libero accesso all’informazione ed il diritto alla privacy online, già a gennaio una sua assemblea (il PACE, Parliamentary Assembly of the Council of Europe ) si era espressa contro lo spionaggio indiscriminato, stigmatizzando non solo la soppressione dei diritti dell’utente e della privacy, ma anche l’ enorme investimento fatto in dragnet digitali che di fatto dirottava risorse che sarebbe stato meglio impiegare in azioni di controllo e controspionaggio nei confronti di pericoli reali.

Ora, in sessione plenaria, oltre a ribadire il concetto di inefficacia di tale tipo di strategia , il Comitato dei Ministri d’Europa usa parole ancora più dure per condannare le azioni di spionaggio guidate dall’NSA: parla di operazioni che “mettono a repentaglio i diritti umani fondamentali”.

Il Consiglio ha inoltre criticato il fatto che tali operazioni “non sembrano avere contribuito a prevenire gli attentati terroristici” ed ha inoltre sollecitato ad interromperle, “non procedendo più alla raccolta ed all’analisi di dati di carattere personale” (a partire dai metadati, e quindi dalla data retention indiscriminata), senza il consenso dell’interessato o “dietro un’ordinanza di un tribunale, sulla base di ragionevoli sospetti”.

Per questo l’istituzione ha invitato i suoi Stati Membri ad assicurare la protezione della privacy nell’era digitale e la sicurezza su Internet con interventi normativi ad hoc contro le tecniche di intercettazione di massa ed avviando rapporti di negoziazione e collaborazione transatlantica, con particolare riferimento alla protezione delle libertà fondamentali e con l’idea di regolamentare un codice dell’intelligence che affronti nel dettaglio tutte le possibilità ed i limiti della loro azione.

L’organizzazione internazionale ha inoltre chiesto che venga effettuato un controllo giudiziario e parlamentare più approfondito su tali servizi di intelligence nazionali e, soprattutto, che i suoi Stati Membri provvedano ad accordare “una protezione credibile ed efficace agli informatori che rivelano attività di sorveglianza illegale” per tutelare i whisleblower , a cui spesso non è assicurato nemmeno l’anonimato .

L’intervento del Consiglio d’Europa sembra distinguersi dalle altre posizioni ufficiali assunte sul datagate proprio per questa richiesta di protezione dei delatori , a partire da e quindi di Edward Snowden, che ha contribuito a scoperchiare il vaso di Pandora e che al momento è ricercato dalle autorità a stelle e strisce: anche questa persecuzione, riferisce il Consiglio d’Europa, è uno degli ostacoli che impedisce di ripristinare la fiducia reciproca e il senso di sicurezza da parte dei cittadini.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
23 apr 2015
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