Contrappunti/ I bimbi (e genitori?) online

Contrappunti/ I bimbi (e genitori?) online

di Massimo Mantellini. Credo sia pacifico per tutti che un bambino di 12 anni non possa disporre liberamente di una connessione alla rete al di fuori della supervisione di un adulto. Ma a quanti capita?
di Massimo Mantellini. Credo sia pacifico per tutti che un bambino di 12 anni non possa disporre liberamente di una connessione alla rete al di fuori della supervisione di un adulto. Ma a quanti capita?


Roma – In questi giorni, in occasione del congresso nazionale della Società Italiana di Pediatria , alcuni giornali hanno riproposto i risultati della ricerca che tale associazione ha svolto nel corso del 2000 sul rapporto fra preadolescenti e media. Si tratta di uno studio nel quale, attraverso domande poste ad un campione di mille bambini di età compresa fra gli 11 e i 14 anni, si è cercato di comprendere meglio anche il loro rapporto con la rete Internet.

Apro un piccolo inciso prima di parlare dei risultati di questo studio: cosa c’entrano i pediatri? Intendo dire: per capire il mondo che cambia e le modalità di utilizzo della rete anche da parte dei più giovani sono utili i contributi di tutti, ma perchè proprio i pediatri oggi si dedicano alla statistica? Non vedo davvero troppa attinenza fra una materia complessa e multiforme come l’impatto sulla società delle nuove tecnologie e i campi di interesse dei dottori dei bambini. Così, ineluttabilmente, confesso di guardare questi numeri un po’ come se si parlasse di energia nucleare al raduno dall’associazione apicultori.

In ogni caso lo studio – chiuso l’inciso – raccoglie le testimonianze di mille preadolescenti ai quali sono state poste, fra le altre, alcune domande sui tempi e le modalità di utilizzo della rete Internet. I numeri che ne escono, indicano, a mio modo di vedere, due realtà ormai più che consolidate.

La prima è che la diffusione e la conoscenza della rete Internet ha definitivamente varcato la soglia della normalità: più del 90% degli intervistati dice di aver sentito parlare di Internet. Si sa, i bambini spesso a quell’età bluffano e forse, insieme alle altre domande tecnologiche, sarebbe stato interessante chiedere loro se per esempio abbiano mai utilizzato oltre a Internet anche Ultranet o Infinet o se abbiano mai scaricato un pezzo dei Lunapop da Cipster, ma in ogni caso la penetrazione nelle case dei PC e l’utilizzo della rete sono ormai assai diffusi. Un bambino su tre ha così oggi in casa un PC: di questi circa la metà naviga in rete. La percentuale dei bimbi online sembra quindi essere di poco inferiore al 20%, in sostanziale accordo anche con i dati di una ricerca analoga presentata in questi giorni da Eurispes, secondo la quale circa il 15% dei bambini delle scuole elementari naviga e utilizza Internet.

La seconda questione, assai più spinosa, che emerge dallo studio dei pediatri italiani, è che esiste ancora un gravissimo ritardo nella comprensione delle corrette modalità di utilizzo di questo nuovo media. Nello stesso tempo si acuisce, in un paese assai poco digitale come il nostro, il divario fra le conoscenze acquisite dai più giovani e quelle di chi è diventato “grande” prima dell’esplosione di Internet.

Ora, siccome credo sia pacifico per tutti che un bambino di 12 anni non possa disporre liberamente di una connessione alla rete al di fuori della supervisione di un adulto, ed anche una volta scremati i numeri da una quota di inevitabile esagerazione che troviamo anche in ricerche analoghe svolte di recente in USA (gli adolescenti dichiarano regolarmente di essere molto più liberi di quanto in effetti non siano, gli adulti, se interpellati, esagerano sempre la loro capacità di controllo sulle attività dei figli) i dati del campione restano francamente impressionati. Non tanto per l’attitudine dei bambini a rendersi autonomi dal controllo genitoriale ma quanto per l’assoluta assenza dei grandi mentre i loro figli chattano, spediscono email o navigano nel web.

Secondo i quotidiani che si sono occupati della questione in questi giorni con i soliti titoloni ad effetto (per esempio Repubblica del 14 novembre: Bambini persi nelle chat a caccia di un amico di Maria Stella Conte o La Stampa del 13 novembre a firma Anna Masera) oltre il 70 % dei bambini navigherebbe in rete da solo e nelle ore serali. Sembra essere questo il dato più eclatante che esce dalla “Seconda indagine sul rapporto fra Preadolescenza e Media”. Passatemi il condizionale: onestamente ho più di un dubbio che si tratti di un dato reale.

Potrei senza difficoltà credere ai pediatri italiani – non vedo ragione per non farlo – anche se la presentazione della ricerca è stata occasione per proporre un decalogo di comportamento pieno dei soliti luoghi comuni sull’evitare gli allarmismi, sul rischio pedofilia o sul tragico errore del PC nella stanza del piccino, ma fatico in ogni caso a credere a certi numeri (quel 70% di bambini abbandonati da soli in rete alla mercè di malintenzionati di ogni risma) se non altro perché le stesse persone che ce li comunicano oggi solo ieri ne raccontavano di completamente differenti.

Ai pignoli ed agli increduli consiglierei così anche la lettura dell’articolo uscito un anno fa su Repubblica, firmato sempre da Maria Stella Conte, a commento dello stesso studio di cui si riparla oggi in cui la percentuale dei pargoli da soli in rete scende vorticosamente dal 71% al 53%. A chi abbia ulteriori desideri di approfondimento passo il link ad un intervento disponibile online di Maurizio Tucci, responsabile comunicazione della Società Italiana di Pediatria, che conferma come dalla ricerca dei pediatri italiani siano usciti numeri assai diversi da quelli pubblicati oggi.

Siamo per l’ennesima volta di fronte all’irrefrenabile desiderio di esagerazione in barba ad ogni deontologia? O si tratta di un refuso o del solito apparentemente minimo delitto di superficialità?

E’ difficile dirlo: certamente Repubblica, La Stampa e perfino i Pediatri italiani non appaiono oggi fonti troppo affidabili in materie così serie. Nello stesso tempo che un bambino su due (o magari anche un po’ meno) navighi in rete a quell’età senza essere sottoposto ad alcun controllo da parte degli adulti resta un dato importante su cui riflettere tutti, partendo magari da una premessa allo stesso tempo provocatoria e centrale.

Esiste una diffusa richiesta di controllo dei contenuti della rete; ogni 5 minuti si invoca da più parti la necessità di proteggere i più piccoli (ma molti vorrebbero proteggere anche i grandi) dalle insidie di Internet. Intere categorie di “incolti digitali” sfruttano ogni occasione per dar di megafono alle solite quattro bugie sulla Internet dei pedofili. Urlano, e così facendo sfuggono il problema vero.

Il concetto di responsabilità individuale nella educazione degli adolescenti sembra così dover essere buono per gli insegnanti, buono per la società in generale che deve proteggerli da insidie di ogni genere, prima fra tutte quella della pedofilia in rete, magari buono anche per i pediatri che si devono attrezzare per capire i piccoli trasformandosi in psicologi o esperti di nuove tecnologie ma NON per i genitori i quali, all’interno delle mura domestiche, in nome di una loro inadeguatezza tecnologica, abdicano con impressionante frequenza alla loro funzione educativa.

Tranne poi lamentare ai quattro venti (fino a ieri) la demenzialità della TV alla quale comunque i loro piccoli stanno attaccati molte ore al giorno o (da oggi) la pericolosità della rete Internet.

Massimo Mantellini

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il 19 nov 2001
Link copiato negli appunti