Contrappunti/ Il disincanto dell'utente Internet

Contrappunti/ Il disincanto dell'utente Internet

di Massimo Mantellini - Perché rifiutare una proposta commerciale che sembra vantaggiosa e sussurrata da un cordialissimo spam telefonico? C'è molto di Internet nell'approccio disincantato e sempre più informato al consumo
di Massimo Mantellini - Perché rifiutare una proposta commerciale che sembra vantaggiosa e sussurrata da un cordialissimo spam telefonico? C'è molto di Internet nell'approccio disincantato e sempre più informato al consumo


Roma – Qualche giorno fa suona il telefono in casa mia. Una gentile signorina che parla a nome di un operatore nazionale della telefonia si offre di spiegarmi – giusto all’ora di cena – le ragioni per le quali avrei potuto spendere meno soldi utilizzando i loro servizi. Accade sempre più spesso. Il telemarketing, pratica in Italia fino ad oggi (per fortuna) relativamente poco utilizzata, sembra essere negli ultimi tempi sempre più in voga. Nonostante la sua invadenza. La gentile signorina – e gentile lo sottolineo perchè è capitato spesso che dall’altro capo del telefono ci fossero persone assai meno educate – al mio diniego ad essere edotto sulle sue formidabili proposte mi saluta dicendo ironica: “Ah allora Sig Mantellini lei non è interessato a risparmiare.”

Eppure non è così. Sono, come credo tutti, sensibile al costo dei beni e dei servizi. Ma sono anche – e contemporaneamente e per le medesime ragioni – molto sensibile anche alle informazioni che mi raggiungono, alla possibilità di selezionarle da un ampio ventaglio piuttosto che da due o tre fonti o peggio da una soltanto. Poi sono interessato alla possibilità di stabilire un rapporto fiduciario con altre persone, anche o soprattutto se queste persone desiderano vendermi qualcosa. Ho in altre parole la presunzione di poter orientare i miei consumi e le mie preferenze senza suggeritori non richiesti. Sono, in ultima analisi, un utente standard della rete Internet.

Non capisco molto di marketing ma ho come la sensazione di essere il tipo peggiore di consumatore, quello davanti al quale è più facile farsi sfuggire una smorfia di fastidio, quello con il quale è necessario spendere tempo ed energie che una volta le aziende potevano dedicare ad altro. Ed ho la sensazione che si tratti di un approccio al consumo sempre più diffuso.

Sarò stupido ma non esiste alcuna forma di informazione pubblicitaria che non parta da me alla quale io sia sensibile. Nemmeno se la proposta viene da una signorina gentile ed educata. Nemmeno se la stessa suonasse il campanello di casa mia implorando attenzione con la migliore delle proposte. Sempre più spesso gli utenti della rete Internet rispondono “No, grazie, scelgo io.” E dicono “Scelgo io!” non solo riferendosi a cosa acquistare o cosa no – come è normale – ma anche alludendo al come informarsi. Al quando farlo. Al dove farlo. Scelgo io, punto! E la saluto.

La banalità del messaggio informativo dell’oste che decanta la bontà del suo vino non ha oggi più molte ragioni di esistere. Lo si è detto e ridetto. E anche le tattiche più moderne e intelligenti di marketing pensate o anche solo modulate per la rete Internet sembrano essere poca cosa. Permission marketing, opt-in, marketing virale, tutte piccole isole di intelligenza marchettara in un mondo digitale violentato da milioni di junk mail, ma ancora largamente insufficienti a creare un equilibrio fra consumatore e venditore. Un equilibrio che a parole mette d’accordo tutti ma che concretamente pochissimi vogliono.

E’ l’impossibile composizione: il desiderio dei grandi soggetti della pubblicità che vorrebbero allontanare da Internet lo spam, volgare e avvilente anche per loro, per poter gestire liberamente la messaggistica promozionale dentro le nostre caselle email dietro un paravento di maggior rispettabilità ed autorevolezza. Come se un messaggio non voluto che mi propone di acquistare Viagra su un emporio online venezuelano fosse differente dalla newsletter non richiesta di una grande multinazionale dell’alimentazione che decanta i suoi biscotti. Cambia il prodotto e l’aura che lo circonda ma resta il mio disinteresse.

Lo spam via email può essere più o meno efficacemente filtrato, ma il telefono che squilla in casa? E la voce di una annoiata signorina che chiede a tua figlia, posso parlare col babbo? Magari per proporti, come mi è capitato qualche tempo fa, un corso di computer nel quale poter acquisire l’ormai indispensabile patente europea? Grazie, non mi interessa. E avrei dovuto aggiungere anche altro del tipo “Io non so che il suo nome ( Pronto buonasera sono Angela di… ) e lei non sa nulla di me”. Che razza di rapporto potrà mai essere questo?

Poi esistono le versioni su doppino telefonico dello spamming più becero. Vi ha mai telefonato un venditore telefonico di tappeti? O qualcuno che se volete vi porta domani una damigiana di olio “buonissimo” di vere olive italiane direttamente a casa? E’ orribile anche solo pensare che qualcuno ogni tanto accetti di considerare simili offerte. Viviamo in un mondo davvero strano se accadono cose del genere. Oppure più probabilmente a nessuno interessa sapere nulla del traffico e della raccolta delle olive . E si beve qualunque cosa.

Se fossimo in un periodo di mezzo direi che si tratta di fenomeni destinati a scomparire. Ma so che non è così. Eppure la coscienza dei consumatori ha ricevuto, con la diffusione della rete Internet, una spinta verso l’alto notevole. Ed aspira al meglio. Sono aumentati i rompiballe, quelli che quando infine acquistano sanno già tutto, gli scocciatori che chiedono informazioni tecniche che una volta non avrebbero nemmeno immaginato. E anche quelli che vogliono far valere i propri diritti e che magari, per lamentare un torto subito, vero o presunto, con pochi click spediscono una mail al Garante. Mentre fino a pochi anni fa potevano al massimo prendere carta e penna e scrivere al Lubrano di turno.

Nel Cluetrain Manifesto che in tanti citano come la nuova frontiera del rapporto azienda consumatore nell’epoca digitale, c’è una piccola frase ad effetto molto significativa, diventata assai nota. “Le aziende non si rendono conto che i mercati ridono spesso. Di loro.” Credo si tratti di una espressione profondamente errata. Le aziende continuano a ridere e a prendersi gioco dei consumatori. Ai tempi di Internet ridono semplicemente un po’ meno di prima.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
25 nov 2002
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