Contrappunti/ Reclamare Internet. Ora

Contrappunti/ Reclamare Internet. Ora

di M. Mantellini - Da un volume in uscita lo spunto per tutti gli utenti Internet: vivono ogni giorno in un ambiente dinamico, complesso e foriero di aria nuova. Per respirarla e farla respirare l'utente deve crescere e difenderla
di M. Mantellini - Da un volume in uscita lo spunto per tutti gli utenti Internet: vivono ogni giorno in un ambiente dinamico, complesso e foriero di aria nuova. Per respirarla e farla respirare l'utente deve crescere e difenderla

Esce in questi giorni, per i tipi di Laterza, il volume “La società digitale” (pg 189, 10 euro). L’autore è Giuseppe Granieri, noto esperto di culture digitali (come recita la quarta di copertina), alla sua seconda prova letteraria dopo il precedente fortunato “Blog Generation” uscito sempre da Laterza un anno fa. Giuseppe è un amico, con il quale abbiamo condiviso negli ultimi anni la crescita del blogging in Italia, ma non è certo questa la ragione per la quale ho deciso di dedicare il Contrappunti odierno alla recensione del suo ultimo libro.

Le ragioni per cui oggi vi parlo di “La società digitale” sono molte. La prima, per nulla scontata, è che si tratta di un saggio interessante per chiunque si occupi di Internet e per quanti abbiano voglia di comprendere cosa stia accadendo alle nostre vite nel momento in cui le reti di computer diventano il fulcro sociale della nostra esperienza non solo comunicativa ma anche economica, didattica, culturale e persino politica. La seconda è che in Italia la produzione intellettuale originale su questa materia è pressoché assente e spesso limitata alla traduzione tardiva di saggi pubblicati oltreoceano qualche anno fa. Libri magari molti interessanti ma che scontano il loro nascere vecchi e superati poiché trattano, magari egregiamente, di questioni e problematiche dalla precocissima senescenza.

Il testo di Granieri parte da una considerazione forse ottimistica sulla nascita inevitabile e travolgente di una nuova società legata allo sviluppo delle reti di computer:

“I network digitali non possono essere descritti come un medium o come una semplice infrastruttura, perché contengono al loro interno tutta la complessità di un sistema sociale. Questo sistema sociale è quello che chiamiamo società digitale” (pg.173)

Quello stesso ottimismo, che è a mio modo di vedere l’unica incognita reale che avvolge l’intero lavoro, fa dire a Granieri che la nuova società digitale sarà in grado di trovare una forma di propria autoregolamentazione che le consentirà, come è avvenuto nel passato decennio, di sopravvivere ai sempre frequenti tentativi di controllo ed indirizzo esterno.

Non c’è dubbio che il mondo stia cambiando molto velocemente: personalmente, nel libro mi ha molto colpito una frase tratta da un articolo su Wired di Kevin Kelly che si riferisce alle possibilità formidabili legate alle nuove pratiche digitali:

“Entro dieci anni ogni persona comporrà una canzone, dirigerà un film, scriverà un libro. Questa idea è meno eccessiva di quanto 150 anni fa non fosse la convinzione che chiunque un giorno avrebbe potuto scrivere una lettera o fare una fotografia”

Ognuno di noi sperimenta oggi questo allargamento dello spettro del possibile. Lo fa magari senza rendersene conto, seguendo il filo lungo e quasi naturale di una innovazione che ci abitua, giorno dopo giorno, alla normalità della rete e delle sue tante nuove opzioni.

Resta da capire se la grande occasione che abbiamo a portata di mano potrà essere sfruttata interamente o se invece citando una vecchia frase molto nota in rete, i nostri figli domani ci chiederanno conto delle ragioni per cui noi non abbiamo fatto abbastanza affinché il sogno di Internet rimanesse tale.

Cita Granieri una frase di Geert Lovink che a questo riguardo mi pare molto significativa:

“La società civile globale, se mai è esistita, deve alzarsi e reclamare Internet”.

Io non so bene se possa esistere una “società civile globale” con una sua precisa identità (per molti versi parrebbe davvero di no) ma quello che so è che certamente nessun altro “reclamerà” Internet al posto dei suoi utilizzatori. Esiste oggi, per tale ragione, una responsabilità assoluta che è sulle spalle di ciascuno di noi che si traduce nel testimoniare e mobilitare la propria ed altrui coscienza perché la rete rimanga aperta e libera, paritaria e senza confini.

Giusto ieri, in una chiaccherata via Skype (che può essere ascolatata sul mio blog a questo indirizzo ) manifestavo a Granieri le mie perplessità sulla capacità del network di rigettare le tante istanze di condizionamento e controllo che ogni giorno lo affliggono. Dalle tante censure nazionali, al trusted computing, dal controllo sulla privacy dei navigatori fino alle attuali discussioni sulla neutralità della rete e su una Internet a due velocità, lo scenario davvero non sembrerebbe incoraggiare alcun ottimismo.

“Reclamare Internet” è quello che in definitiva il libro di Granieri fa. “Reclamare Internet” è quello che anche noi nel nostro piccolo facciamo ed è sintomatico che tutto sommato il numero di quanti “protestano” sia sempre al di sotto di una massa critica sufficiente a sensibilizzare il mondo “fuori”.

È il dilemma del bene pubblico, uno dei punti di svolta attuali della nostra società. Certamente come recita il titolo di un libro di Lovink uscito qualche tempo fa “Internet non è il paradiso”, nello stesso tempo e cito la frase finale di “La società digitale”:

“La società digitale è la più grande occasione di sviluppo che l’uomo abbia mai avuto. Abbiamo l’obbligo di provare, tutti insieme, a sfruttarla nel migliore dei modi possibili.”

Massimo Mantellini
Manteblog

Gli editoriali di M.M. sono disponibili a questo indirizzo

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Pubblicato il 12 lug 2006
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