È passato un anno dalle prime rivelazioni di Edward Snowden e dalla sua fuga prima ad Hong Kong e poi in Russia e, in occasione della richiesta di rinnovo di asilo che l’ex-analista americano ha inviato in questi giorni al governo russo, va notata la quasi completa scomparsa della narrazione giornalistica sul tradimento e sul passaggio dell’agente americano dalla parte dei russi kattivi, comunisti e interessati a carpire i segreti americani. Si trattava del resto di una macchinazione giornalistica puerile e facilmente smontabile fin dall’inizio in un Paese nel quale, anche dopo migliaia di documenti inoppugnabili diffusi dai media, il Segretario di Stato Kerry, giusto qualche giorno fa , ha ripetuto l’invito a Snowden a comportarsi da “uomo” facendosi giudicare da un tribunale americano.
Certo, anche in USA, si sono da tempo affievolite le accuse di alto tradimento, di fatto cancellate dall’evidenza delle vaste ed imbarazzanti aree di eccessiva libertà che i servizi segreti americani avevano negli anni riservato a loro stessi. È di questi giorni la notizia (sempre basata su documenti ottenuti da Snowden) secondo la quale NSA, nell’ambito del proprio prezioso lavoro di osservazione della popolazione mondiale, non solo spiava chiunque, in special modo i cittadini americani, in contrasto con le normative vigenti, ma soprattutto catalogava con accuratezza il nulla: applicando spesso il proprio ampio occhio voyeuristico a conversazioni amorose e foto in bikini di perfetti ed ignari sconosciuti. Non solo: NSA spiava attivisti per i diritti civili, professori universitari e politici americani (come scrive Glen Greenwald in questi giorni) colpevoli solo di occuparsi per ragioni professionali di temi attinenti alla situazione medio-orientali. Insomma quella di NSA si è alla fine mostrata per quello che è: una vergogna di Stato che mina alle basi i principi stessi della democrazia statunitense, coperta da tutti, da Obama in giù, nel tentativo di evitare di peggiorare ulteriormente l’evidenza dei fatti.
Ma se le perplessità tutte americane nei confronti di Snowden sembrano essersi in parte attenuate, non è che in Europa si sia fatto molto di più per difendere reputazione e rivelazioni del whistleblower in esilio in Russia. Se si eccettua la Germania che ha affrontato la questione , pur se a fasi alterne, con un certo cipiglio (nel corso della settimana scorsa Merkel ha espulso il capo della CIA a Berlino), in Italia, Francia ed altrove (per non parlare della Gran Bretagna, legata ai servizi segreti USA da antica e solida collaborazione) le ingerenze pesantissime e continuative di NSA sulle conversazioni dei cittadini, sulle loro frequentazioni Internet e su tutto il resto sono state accolte dai governi con l’indolenza che si riserva ai piccoli problemi. Per amore di paradosso i garanti europei per la privacy si prodigano ormai quotidianamente su questioni, quelle sì marginalissime, come il diritto all’oblio mentre manifestano improvvise e continuate amnesie sulle intrusione americane nelle vite dei cittadini europei.
Ovviamente l’Europa è unita solo sulla carta e l’unione di tante differenti debolezze non ne faranno ancora per molto tempo un soggetto politico coeso. Ed è un peccato, perché una di queste possibili forme di unione che fa la forza sarebbe potuta essere quella di fare fronte comune nei confronti di un cittadino del mondo coraggioso che ha mostrato i giochi sporchi degli spioni americani, magari accogliendolo nel suo territorio senza costringerlo alla imbarazzante permanenza nella Russia del Presidente Putin, non esattamente un attivista dei diritti civili.
Anche il semestre italiano alla guida della UE sarebbe potuta essere un’occasione per rinegoziare certi rapporti di imbarazzante sudditanza nei confronti dell’amico americano, specie su temi, come quello della privacy, nei quali la supremazia culturale europea è netta da decenni. Invece, per quel poco che è dato capire, dalla Venice Declaration , manifesto del semestre digitale italiano in Europa che dovrebbe essere diffuso in questi giorni, l’unico punto con qualche attinenza alla vicenda Snowden sembrerebbe sarebbe quello riferito alla cybersecurity. Troppo tardi e troppo poco, una maniera come un’altra per confermare una sudditanza che non dovremmo accettare e che non è solo banalmente tecnologica ma anche, evidentemente, basata su vecchie tare psicologiche che noi europei preferiamo non affrontare.
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