Contrappunti.it/Il volto triste di Napster

Contrappunti.it/Il volto triste di Napster

Il business era a quel punto finito. Finite le speranze di monetizzare 20 milioni di utenti, finita ogni possibile composizione amichevole con gli artisti o peggio con i loro esosi intermediari
Il business era a quel punto finito. Finite le speranze di monetizzare 20 milioni di utenti, finita ogni possibile composizione amichevole con gli artisti o peggio con i loro esosi intermediari


Web – Aveva la faccia triste l’avvocato di Napster, il tono della voce dimesso, i
movimenti lenti. E Shawn Fanning, dentro il suo cappellino da baseball, appena smessa la giacca scura indossata davanti al giudice Marilyn Hall Patel, non se la passava meglio.

La tristezza traspariva troppo dal messaggio registrato qualche giorno fa dall’inventore di Napster per gli utenti della sua popolata community: forse è per questo che quel testo ora non è più disponibile online. La RIAA, l’associazione che riunisce i più importanti discografici americani, aveva appena vinto in tribunale, e Napster avrebbe dovuto chiudere i battenti nel giro di poche ore.

Per questo erano così tristi? Certo, ma non solo.

Il motivo centrale di tanta giustificata tristezza è un altro. Il business era a quel punto finito. Finite le speranze di monetizzare 20 milioni di utenti, finita ogni possibile composizione amichevole con gli artisti o peggio con i loro esosi
intermediari. Finita la più grande idea venuta ad un minorenne da quando esiste Internet; o meglio consegnata a Internet senza resistenza e senza che Internet stessa avesse chiesto il permesso per utilizzarla. In questo momento in rete girano decine di server Napster-like facilmente raggiungibili da chiunque, dal cui traffico il giovane Shawn non guadagnerà un solo centesimo.

Lo chiamano già con una sigla “P2P”, peer to peer, a testimoniare che l’idea di Fanning è di quelle vincenti. Eppure né lui né i suoi soci in affari potranno direttamente goderne i frutti. Quelle cascate di miliardi che hanno ricoperto idee molto meno eccitanti di quella del file sharing, il più spettacolare salto dell’intermediario che si possa oggi effettuare online, non ricopriranno il cranio rapato del giovane ragazzotto di provincia che al college tutti soprannominavano Napster.

In queste ore in rete si moltiplicano le proteste degli utenti di Napster. Si minacciano boicottaggi, si organizzano campagne di appoggio, nei casi più estremi si grida all’ingiustizia e si maledice l’arroganza del potere. Energie mal indirizzate. Come sono mal indirizzati i colpi di coda di Napster che nelle ultime ore invita i propri utenti ad un boicottaggio al contrario delle mayor discografiche. Come? Comprando nel prossimo weekend solo CD di artisti vicini a Napster stesso.

I forum, le liste di discussione e migliaia di pagine del web si stanno riempiendo di proteste inutili.

Già, perchè la decisione del giudice di San Francisco appare del tutto legittima e anche la sospensiva ottenuta da Napster in extremis a sette ore dalla imposta chiusura non sposta la sostanza dei fatti. Così come è del tutto giustificato l’atteggiamento della RIAA che continua a citare in giudizio chiunque traffichi online con materiale protetto da copyright. L’ultima causa intentata riguarda Scour.com, un sito di file sharing orientato ai contenuti audio video.

“Medioevo, Napster chiude” ha titolato Punto Informatico solo qualche giorno fa. Si tratta di un titolo involontariamente azzeccatissimo. Il medioevo a dispetto dell’accezione negativa che usualmente diamo al termine fu un periodo tuttaltro che oscuro e violento. Fu invece anche un’era di grande sviluppo artistico e intellettuale. Così almeno la pensano gli storici oggi. Il P2P sopravviverà a Napster.com, società nata nella ricerca dell’equilibrio impossibile fra guadagno e violazione del copyright e, nelle sue già esistenti innumerevoli varianti, contribuirà forse a far decadere del tutto una idea di copyright che nell’era digitale non è più sostenibile.

Quelli della RIAA o vivono sotto un cavolo oppure tutto questo lo sanno: cercano solo, come farebbe chiunque, di ritardare il più possibile il momento della resa dei conti. Nel frattempo nessuna grande mobilitazione sembra necessaria ne è il caso di maledire l’arroganza del potere che vuole tapparci la bocca e limitare la nostra sacrosanta voglia di “comunicare”. Tale possibilità resta a tutto gli effetti intatta, anche dopo la ipotetica chiusura di Napster. Per i discografici quella su Napster e qwuelle che eventualmente seguiranno sono vittorie di Pirro e l’entusiasmo mostrato è giustificato solo dalle dichiarazioni (sacrosante) di Cary Sherman, consigliere generale della RIAA che ha dichiarato: “Almeno non saremo costretti a vedere la nascita di una nuova net company basata sul furto del copyright”.

In quel “almeno” le ragioni di una sconfitta annunciata non solo dei capitalisti di ventura di Napster.com (i pochi rimasti dopo che i più avveduti di essi avevano nei mesi scorsi abbandonato la nave che affonda al primo sentore di sconfitta legale) ma anche, e soprattutto, degli industriali del multimedia.

Per queste ragioni la chiusura di Napster significherà quando e se avverrà, solo la fine di un sogno imprenditoriale. Questa la ragione della tristezza che si percepisce nei ringraziamenti alla Napster Community da parte del suo giovanissimo fondatore. Mentre Shawn finiva di parlare gli utenti di Napster già intasavano i server di Gnutella, Imesh, CuteMx e sopratutto Napigator, con quella ingratitudine di chi, più che celebrare una grande idea, non vede l’ora di usarla.

Massimo Mantellini

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Pubblicato il 31 lug 2000
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