La Corea del Sud sperimenta l’insicurezza nucleare dopo la pubblicazione, a mezzo Twitter, di manuali e schemi progettuali di due reattori da parte di un ignoto cyber-criminale, un “leak” a cui si è accompagnata la pubblicazione di informazioni personali di 10mila impiegati di Korea Hydro and Nuclear Power (KHNP).
KHNP gestisce 23 diversi reattori sparsi per il paese asiatico (pari a un terzo del fabbisogno energetico locale), e da fonti governative si segnala l'”estrema” attenzione data all’incidente con la decisione di spegnere uno degli impianti e procedere a un test anti-intrusioni digitali della durata di due giorni.
L’aggressore ha minacciato di pubblicare ulteriori informazioni confidenziali nel caso in cui tre reattori non vengano spenti entro il 25 dicembre, un genere di minaccia che in questo periodo va per la maggiore, come il caso Sony Pictures platealmente dimostra .
Ad attaccare lo studio cinematografico sono stati i nordcoreani, questo è quanto sostengono le autorità statunitensi, nel caso di KHNP sulla fonte delle minacce (e gli eventuali furti di materiale riservato) non vengono al momento fornite indicazioni precise.
Certo è che i potenziali rischi di danni “fisici” agli impianti nucleari sudcoreano preoccupano, ma si tratta in ogni caso di pericoli teorici, diversamente da quanto successo in Germania: stando a un rapporto del Bundesamt für Sicherheit in der Informationstechnik (BSI), ente istituito per vigilare sulla sicurezza informatica, qualcuno è riuscito a penetrare nella rete interna di un impianto di produzione dell’acciaio e a manomettere i macchinari , al punto da generare ingenti “danni fisici” agli impianti grazie a un attacco che ricorda molto da vicino il caso Stuxnet.
Alfonso Maruccia