Del futuro della Rete o dell'accesso universale

Del futuro della Rete o dell'accesso universale

Fastweb, AGCOM, Barbareschi e altri: nel corso di un convegno romano, il punto su ciò che potrebbe attendere il Belpaese connesso. Tra fosche tinte, progetti europei e sortite ironiche sui contenuti condivisi
Fastweb, AGCOM, Barbareschi e altri: nel corso di un convegno romano, il punto su ciò che potrebbe attendere il Belpaese connesso. Tra fosche tinte, progetti europei e sortite ironiche sui contenuti condivisi

Per non dare la Rete per scontata. Per discutere di regolamentazione, di infrastrutture, del prossimo sviluppo di Internet nel Belpaese. Così l’onorevole del Partito Democratico (PD) Sandro Gozi , che ha recentemente introdotto un convegno sul futuro della Rete, dall’accesso universale alle reti intelligenti . Presso la Sala delle Colonne della Camera dei Deputati.

Solo il primo di una serie di appuntamenti, almeno stando all’augurio espresso dallo stesso Gozi. Per riflettere innanzitutto su un paese che non darà al web le frequenze libere dopo il passaggio al digitale. Gozi ha infatti tratteggiato un panorama innanzitutto fosco, dove l’Italia obbliga l’accesso senza fili all’identificazione. E dove non c’è attualmente un serio piano operativo per la banda larga, né iniezioni di liquidità per le autostrade digitali.

Per Roberto Viola , segretario generale dell’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), si tratta di una sfida riassumibile in poche parole chiave. Innanzitutto network . Come sviluppo di sicure infrastrutture di Rete. Per alcune applicazioni come la telemedicina – ha spiegato Viola – bisognerebbe garantire a tutti gli utenti un collegamento stabile e certo , a differenza magari di servizi come la posta elettronica.
Da questo punto, i principi a guida della neutralità della Rete dovrebbero essere letti, secondo il segretario generale di AGCOM, non da un punto di vista ideologico, ma dal punto di vista delle priorità. Ovviamente senza discriminazione alcuna, ma con una serie di approcci politici saggi , anche diversi da paese a paese purché in un’ottica di generale libertà d’accesso ai network.

Poi, mobile . Già gli Stati Uniti avrebbero sperimentato una serie di difficoltà legate alla saturazione della banda, dopo l’adozione in massa di dispositivi come iPhone. La sfida, secondo Viola, risiederebbe nel dedicare nuove frequenze al broad band mobile , come quelle a 800 MHz, fondamentali per garantire una banda che non voglia veder drasticamente calare la propria qualità.
Viola ha sottolineato come le 9 frequenze destinate al digitale siano attualmente disponibili in Italia, solo occupate a vario titolo. Insieme alle autorità dell’Unione Europea si potrebbe dunque razionalizzare il sistema. Magari fissando una data comune per la liberazione delle frequenze stesse. E, in quanto presidente del Comitato Europeo per lo spettro radio, Viola ha parlato di negoziazioni da intraprendere, per una strategia sincronizzata che potrebbe diventare realtà tra il 2015 e il 2016 .

Intanto, il giornalista di L’Espresso , Alessandro Gilioli ha snocciolato – in qualità di moderatore dell’incontro – una serie di dati che andrebbero a dipingere un quadro non certo esaltante per il Belpaese. Una nazione dove il 50 per cento dei suoi abitanti non avrebbe mai messo mano su un computer. Dove si è indietro in quanto a uso delle tecnologie, dove studi internazionali avrebbero paragonato le attuali velocità di banda a quelle di paesi come l’Ucraina .

Per Benedetto Della Vedova , onorevole del Popolo delle Libertà (PdL), bisognerebbe lavorare sull’IVA , per offrire agevolazioni sulle connessioni alla Rete. Favorire gli investimenti da parte dei privati, fissando un tetto e delle regole per evitare che un operatore vada a succhiarsi tutto il credito d’imposta. Negli investimenti potrebbe esserci parte della soluzione al problema. Ma, per Della Vedova, bisognerebbe prestare attenzione ad un fatto. Che ci potranno essere capacità di accesso differenziate con costi differenziati . Servizi di connessione diversi a costi diversi e in posti diversi. Con buona pace dei supporter più incalliti della net neutrality . Anche per Sergio Scalpelli , direttore delle relazioni esterne ed istituzionali di Fastweb, il dibattito sulla neutralità della Rete dovrebbe direzionarsi verso posizioni meno ideologiche e più pratiche, basate sul business.

In Italia, secondo Scalpelli, sarebbero già 2 milioni le famiglie a godere dei vantaggi della fibra ottica fornita da Fastweb. Bisognerebbe quindi puntare su infrastrutture aperte ed efficienti, dato che nelle zone più urbanizzate della penisola il rame di Telecom non riesce più a tenere il passo.

“Per le zone ad alta densità di traffico telefonico, quando gli utenti immettono molti dati e scaricano molti audiovisivi, la Rete si dimostra inadeguata e questo non dipende dalla sua qualità, ma dal fatto che è in rame”. Concorda Corrado Calabrò , presidente di AGCOM, non presente al convegno, ma che ha recentemente parlato della necessità di zone ad alto traffico come Roma e Milano di passare alla fibra ottica . “Bernabè dice che la Rete è buona ed è vero – ha continuato Calabrò – ma è un problema di costipazione, non di qualità. La velocità di 2-3 megabit non va bene, ce ne vogliono 50. Ne risente anche la rete mobile, persino Vodafone”.

Sul finire dell’incontro, la fugace e vistosa presenza dell’onorevole del Popolo delle Libertà (PdL) Luca Barbareschi , attualmente vicepresidente della Commissione Trasporti e Telecomunicazioni. O definito – come riportato da Gilioli – un pasdaran del diritto d’autore, per via del progetto di legge da lui presentato in Parlamento sulle nuove disposizioni concernenti la diffusione telematica delle opere dell’ingegno .

Barbareschi ha sottolineato come i forti guadagni di Google non corrispondano a quelli dei creatori di contenuti, inoltre penalizzati da strategie di investimento più incentrate sulla banda larga che sulle opere dell’ingegno online. Mentre, ad esempio, negli Stati Uniti ci sarebbe AT&T che con i creatori di contenuti stringe importanti accordi.

Lo stesso Steve Jobs – secondo Barbareschi – avrebbe rubato un applicativo a Napster, per poi utilizzarlo in maniera lecita e con profitti enormi. E, se iPhone costituisce la siringa, questa la metafora dell’onorevole, i suoi contenuti sono la droga, da iniettare negli utenti per alimentare un mercato mobile in crescita esponenziale. Infine – solleticato da Gilioli sul precedente caso che lo aveva visto prendere a prestito dei contenuti dal sito Spinoza.it – Barbareschi ha commentato ironico: “non ho rubato, ho solo condiviso”.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il 23 feb 2010
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