Facebook, Six4Three e i dati degli utenti

Facebook, Six4Three e i dati degli utenti

Dai documenti sequestrati al fondatore di Six4Three emerge la strategia attuata da Facebook per consentire o meno agli sviluppatori l'accesso ai dati.
Facebook, Six4Three e i dati degli utenti
Dai documenti sequestrati al fondatore di Six4Three emerge la strategia attuata da Facebook per consentire o meno agli sviluppatori l'accesso ai dati.

Facebook utilizza i dati degli utenti come strumento per rafforzare la propria posizione di dominio nell’ambito social e per tenere sotto controllo i possibili concorrenti: questa la nuova accusa mossa nei confronti del social network, alla luce di quanto emerso dalle comunicazioni interne al gruppo pubblicate dalle autorità britanniche. Prima di trarre conclusioni affrettate è in ogni caso doveroso analizzare a fondo la vicenda, prendere in esame la posizione di tutti i suoi protagonisti e far luce su ogni risvolto di un episodio complesso.

Le app e i dati degli utenti

Il comitato DCMS (Digital, Culture, Media and Sport) ha condiviso un documento da 250 pagine redatto sulla base delle informazioni rinvenute nel laptop di Ted Kramer, fondatore della software house Six4Three, sottoposto a sequestro durante un viaggio di quest’ultimo nella capitale inglese. Una misura attuata nel contesto di un’indagine condotta dalle autorità UK al fine di stabilire un’eventuale responsabilità di Facebook nelle campagne che hanno visto diffondersi sulle bacheche della piattaforma fake news e contenuti etichettabili come misinformazione.

Alcune delle email rinvenute recano la firma del numero uno Mark Zuckerberg e dipingono un quadro in cui la società avrebbe fatto leva sulla possibilità o meno di accedere alle informazioni degli utenti da parte delle applicazioni. In questo modo, FB avrebbe potuto tenere sotto controllo eventuali competitor, impedento loro di costruire e far crescere i servizi sulla base dei dati in archivio. È il caso di Vine, app acquisita da Twitter e ora abbandonata. Altri, invece, come Netflix, Airbnb, Badoo e Lyft, avrebbero ottenuto il via libera.

I documenti di Six4Three

Dai documenti rinvenuti nel computer di Kramer emerge come Facebook avrebbe favorito l’accesso alle informazioni solo ed esclusivamente nel caso in cui l’attività del partner (lo sviluppatore) avesse costituito un’opportunità di crescita del network stesso, spingendo gli utenti a un’interazione con le sue bacheche o con i suoi servizi. Laddove invece la dinamica avesse contribuito a favorire la concorrenza, ecco il divieto. Questo l’estratto di un messaggio inviato nel 2012 da Zuckerberg.

A volte il modo migliore per consentire agli utenti di condividere è avere uno sviluppatore che realizza un’applicazione per uno scopo preciso o un network per un determinato tipo di contenuto e far sì che quell’app abbia l’integrazione di Facebook. In ogni caso, potrebbe essere positivo per gli altri, ma non per noi, finché le persone non tornano a condividere su Facebook e i contenuti non incrementano il valore della nostra rete.

Damian Collins, uno dei membri del DCMS Committee britannico, in un tweet ha affermato che la decisione di rendere pubblici i documenti è prevista dalle normative vigenti nel territorio UK, nonché giustificata poiché di pubblico interesse e seguita alla non disponibilità di Facebook nel rispondere alle domande poste.

La replica di Facebook

Il social network in blu risponde con un comunicato ufficiale in cui afferma che i documenti forniti da Six4Three alle autorità britanniche fanno parte dell’archivio riconducibile a una causa legale che ha visto anni fa lo sviluppatore contrapposto a Facebook nei tribunali della California. Informazioni che fornirebbero un quadro della situazione incompleto, parziale e in ogni caso non in grado di rispecchiare la situazione attuale.

Viene inoltre posto l’accento su come, in seguito alle modifiche introdotte nel biennio 2014-2015, gli sviluppatori non sono ora più in grado di mettere le mani sulle informazioni condivise dagli amici degli utenti che si connettono alle applicazioni. Sulla vicenda è intervenuto anche il numero uno della piattaforma, con un post in cui viene chiarito come la decisione di limitare l’accesso alle informazioni in modo selettivo sia stata operata al fine di evitare abusi (diretto il riferimento al caso Cambridge Analytica).

https://www.facebook.com/zuck/posts/10105559172610321

Zuckerberg parla inoltre del momento in cui si è reso necessario offrire agli sviluppatori una piattaforma mobile friendly per la creazione e la distribuzione delle app. Un passaggio che ha richiesto la definizione di una nuova strategia per garantire la sostenibilità del proprio business. In ogni caso, sottolinea il numero uno di Facebook:

Non abbiamo mai venduto i dati degli utenti.

Ancora, il social network comunica l’intenzione di eliminare i passaggi della policy che impediscono alle applicazioni di terze parti l’accesso alla piattaforma se replicano alcuni elementi o alcune funzionalità core del proprio servizio. È uno dei punti contro i quali in molti hanno puntato il dito parlando di un possibile abuso di posizione dominante e di un ostacolo alla concorrenza. Una pratica che, in un modo o nell’altro, stando a quanto afferma Zuckerberg è attuata anche da altri colossi del mondo hi-tech come YouTube, Twitter, Snap e Apple.

Fonte: Bloomberg
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Pubblicato il
6 dic 2018
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