Fatta la legge, va aggiornata

Fatta la legge, va aggiornata

di R. Scano - Incentivare l'uso della rete per i servizi al cittadino, concedere agli italiani la cittadinanza digitale. Ma un decreto oramai obsoleto lo impedisce, obbligando le PA a violare un'altra legge dello Stato
di R. Scano - Incentivare l'uso della rete per i servizi al cittadino, concedere agli italiani la cittadinanza digitale. Ma un decreto oramai obsoleto lo impedisce, obbligando le PA a violare un'altra legge dello Stato

Venezia – Si parla quotidianamente di CAD (Codice Amministrazione Digitale), innovazione, agende digitali europee, web collaborativo: la parola d’ordine è digitalizzare i servizi delle PA sia per una questione di risparmio economico, sia per garantire al cittadino trasparenza amministrativa, informazioni e servizi fruibili da qualsiasi computer. Ciò che sta alla base di tutte queste belle parole è l’innovazione tecnologica che, quotidianamente, cambia il nostro modo di vivere. Con la stessa velocità, purtroppo, non cambiano le normative vigenti e pertanto nascono casi in cui un decreto – se non aggiornato – obbliga le Pubbliche Amministrazioni ad usare tecnologie oramai obsolete rispetto ai servizi richiesti dal cittadino.

È il caso della normativa italiana sull’accessibilità, che – come vedremo – necessita un immediato aggiornamento normativo in quanto sta causando costanti violazioni della stessa da parte di pubbliche amministrazioni di ogni ordine e grado.

Il problema
La vigente normativa nazionale sull’accessibilità prescrive (Legge n.4 del 2004, art. 12, comma 2) che il “decreto” (DM 8 luglio 2005), recante “Requisiti tecnici e i diversi livelli per l’accessibilità agli strumenti informatici”, venga periodicamente aggiornato per recepire eventuali modifiche delle normative internazionali e per l’acquisizione di innovazioni tecnologiche intervenute in materia di accessibilità.

Innanzitutto è bene precisare che i gli attuali requisiti tecnici per i siti Internet (Allegato A del DM 8 luglio 2005) si basano sulla specifica W3C WCAG 1.0 risalente allo scorso millennio (5 maggio 1999). Come ben sapranno i lettori, all’epoca delle WCAG 1.0 il Web era prettamente basato su HTML, mentre tutto ciò che è oggi considerato “Internet” praticamente non esisteva: per comprendere il salto tecnologico, basti solo pensare che realtà come Facebook e YouTube non hanno visto la loro diffusione prima del 2005 e sempre in tale anno nasceva il termine Ajax (oggi il “motore” delle Rich Internet Application).

Con i vigenti requisiti, tutto ciò che è interazione (siti Web, applicazioni) deve funzionare senza l’uso di script (requisito 15) e con rispetto di regole (oggi) troppo rigide. A titolo di esempio, non è possibile implementare all’interno dei siti Web soluzioni come mappe interattive (Google Maps), effettuare il cosiddetto “mashup” e neppure acquistare soluzioni Web-based per la gestione di servizi interni/esterni alle PA in quanto secondo l’art.3 comma 2 del DM 8 luglio 2005 “I requisiti tecnici si applicano anche nei casi in cui i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1 della legge forniscono informazioni o erogano servizi mediante applicazioni Internet rese disponibili su reti Intranet o su supporti, come CD-ROM, DVD, utilizzabili anche in caso di personal computer non collegato alla rete”.

Tutto ciò crea una problematica sia negli acquisti di servizi da parte delle PA, in quanto la Legge 4/2004 all’art.4 comma 2 è ben chiara a tal proposito:

2. I soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, non possono stipulare, a pena di nullità, contratti per la realizzazione e la modifica di siti INTERNET quando non è previsto che essi rispettino i requisiti di accessibilità stabiliti dal decreto di cui all’articolo 11 . I contratti in essere alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 11, in caso di rinnovo, modifica o novazione, sono adeguati, a pena di nullità, alle disposizioni della presente legge circa il rispetto dei requisiti di accessibilità, con l’obiettivo di realizzare tale adeguamento entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto.

Risulta facile comprendere che oggi le PA sono obbligate all’acquisto di prodotti a norma dei vigenti requisiti, scegliendo il prodotto maggiormente accessibile (art.4 comma 1 della legge 4/2004) non potendo quindi sviluppare soluzioni orientate alle attuali forme di comunicazione in Rete. Questo ritardo porta chiaramente il sorgere di diverse problematiche:

1. le amministrazioni che intendono rispettare la legge 4/2004 si ritrovano ad acquistare prodotti che non consentono – se non in modo limitato – l’uso di nuove tecnologie orientate al c.d. Web collaborativo;
2. le amministrazioni che intendono utilizzare nuovi strumenti Web di fatto incorrono nella nullità del contratto (in assenza del riferimento all’accessibilità) oppure ad un collaudo “non idoneo” ai sensi della 4/2004;
3. gli sviluppatori di prodotti e servizi informatici, specie i player internazionali, sono già orientati verso le nuove linee guida WCAG 2.0 e quindi sono costretti a rientrare nel punto 1 (fornendo soluzioni “obsolete”) oppure nel punto 2 (auspicando loro stessi un rapido aggiornamento dei requisiti).

Gli standard internazionali (W3C WCAG 2.0)
Per colmare questo gap tra evoluzione tecnologica e gli standard vigenti, il World Wide Web Consortium (W3C) ha rilasciato l’undici dicembre 2008 la versione 2.0 delle Web Content Accessibility Guidelines (WCAG 2.0) con cui non ha voluto tanto rivoluzionare le norme già esistenti, quanto renderle interoperabili e totalmente indipendenti dalla tecnologia utilizzata, grazie anche all’evoluzione delle tecnologie assistive.

Le WCAG 2.0, proprio perché indipendenti dalla tecnologia, prevedono una serie di linee guida, con dei criteri per soddisfarle ( success criteria ) e con delle tecniche di applicazione per differenti tecnologie. I maggiori produttori di tecnologie worldwide stanno predisponendo tecniche per specifici formati (Adobe PDF, Flash, Microsoft Silverlight sono solo alcuni esempi) creando una vera e propria “corsa all’accessibilità” da parte degli sviluppatori e creando una nuova cultura nell’acquisto di servizi da parte della clientela.

Consultazione avviata dal Dipartimento per la Digitalizzazione e l’Innovazione

L’emanazione, da parte del World Wide Web Consortium (W3C) delle nuove raccomandazioni internazionali (WCAG 2.0) nel dicembre del 2008 e l’invito della Commissione europea ad adottare tali raccomandazioni nei paesi membri, hanno determinato la necessità di procedere all’aggiornamento del citato “decreto”.
È stato così costituito presso il Dipartimento per l’Innovazione della PA e l’Innovazione tecnologia un apposito gruppo di lavoro con il compito di produrre un elaborato tecnico su cui fondare l’aggiornamento richiesto.

Con tale premessa, il 3 giugno 2010 tramite lettera il capo del Dipartimento per la Digitalizzazione e l’Innovazione (DDIT) ringraziava i partecipanti al gruppo di lavoro (al quale hanno fatto parte i rappresentanti delle associazioni delle persone disabili maggiormente rappresentative, gli sviluppatori competenti in materia di accessibilità, i produttori di hardware e software e gli organismi pubblici e privati, anche internazionali, operanti nel settore) che – a titolo gratuito – hanno operato per l’aggiornamento dei requisiti attuali ai nuovi standard internazionali.

Nei giorni immediatamente successivi alla lettera il dipartimento ha prontamente provveduto alla pubblicazione del documento , avviando la consultazione pubblica per la raccolta di eventuali suggerimenti/integrazioni, intitolando la pagina Web in modo beneaugurante (“Nuovi requisiti e punti di controllo per l’accessibilità”).

Ad oggi sono trascorsi otto mesi, ma nel suddetto sito Web non risulta alcuna informazione sullo stato di avanzamento dell’iter di aggiornamento dei requisiti, che prevede l’emanazione di un nuovo DM a firma del Ministro competente (Renato Brunetta) in sostituzione al precedente. A suo tempo il legislatore ha sapientemente delegato allo strumento del DM l’aggiornamento di requisiti tecnici in un settore che è in costante aggiornamento ed evoluzione. Il CAD e la sua applicazione per il Web
La limitazione “tecnologica” dei requisiti attuali (funzionamento di siti ed applicazioni senza l’uso di script) è di fatto un serio problema per l’applicazione per la direttiva 8/2009 e le relative linee guida, in particolar modo per il rispetto dei criteri di valutazione della qualità dei servizi erogati ai cittadini tramite Web.

Uno dei criteri di valutazione della qualità dei siti Web delle PA, indicato nelle linee guida, è proprio il grado di accessibilità ed usabilità dei servizi mentre un ulteriore criterio di valutazione è il cosiddetto “Amministrare 2.0”: come possono convivere – con l’attuale decreto – le due indicazioni? A oggi una PA non può, ad esempio, sviluppare e/o commissionare soluzioni come sistemi di geo-referenziazione di segnalazioni effettuate dal cittadino e – per assurdo – nemmeno applicazioni Web-based per dispositivi mobili.

Per le PA che sviluppano internamente i propri servizi, resta valido l’obbligo di rispetto dell’accessibilità secondo quanto previsto dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD). Ciò fa chiaramente capire che l’obbligo di rispettare i 22 requisiti di accessibilità per qualsiasi oggetto che rientri nella definizione normativa di SITO INTERNET (ai sensi del DM 8 luglio 2005 vi rientrano non solo i siti Web ma anche le applicazioni e le intranet Web-based) è imprescindibile rispetto ad ogni altro criterio di valutazione nell’acquisto ed erogazione di servizi informatici su rete Internet.

In questo periodo, con la pubblicazione del nuovo CAD e con la diffusione delle linee guida per i siti Web pubblici, vi è ampio fermento da parte delle amministrazioni che hanno l’onere di dover adeguare i propri siti Web – in ottica di trasparenza e accessibilità dei servizi in Rete.

Soluzioni virtuose e non onerose per le PA
Bisogna inoltre sfatare la credenza secondo cui l’aggiornamento normativo provochi un onere alle amministrazioni. Premettendo che le amministrazioni già a norma della legge 4/2004 non hanno alcun onere relativo all’adeguamento ai nuovi requisiti, l’aggiornamento consentirà alle amministrazioni non ancora adeguatesi di poter utilizzare al meglio strumenti di pubblicazione e/o comunicazione istituzionale .

Va inoltre considerato che la maggior parte dei produttori di tecnologie Web-based sta già effettuando dichiarazioni di conformità e lo sviluppo di tecniche di applicazione delle nuove WCAG 2.0, in ottica del prossimo aggiornamento della normativa americana (Section 508).

Conclusioni
Con una lettera in cui si riassumono le considerazioni presenti nell’articolo, l’associazione IWA ITALY (associazione degli sviluppatori esperti in materia di accessibilità) ha richiesto l’intervento da parte del capo dipartimento, il dottor Renzo Turatto, al fine di attivarsi per verificare l’iter di emanazione del decreto di aggiornamento dei requisiti di accessibilità, per consentire l’applicazione delle direttive in materia di comunicazione istituzionale tramite nuovi media previste nelle linee guida “Brunetta” per i siti Web pubblici ma oggi in contrasto con i requisiti del DM 8 luglio 2005.

L’aggiornamento del CAD, le linee guida per i siti Web pubblici sono un’occasione anche per un adeguamento del grado di accessibilità dei servizi erogati dalle P.A., a tutti i cittadini, indipendentemente dall’eventuale disabilità a cui sono soggetti.

È un vero peccato, tra l’altro, visto che il nostro paese è sempre stato portato come esempio in Europa per la normativa innovativa in materia di accessibilità: ora che possiamo essere nuovamente un esempio, ora che possiamo essere il primo paese in Europa ad applicare in modo serio le nuove linee guida internazionali anticipando pure l’amministrazione Obama, rischiamo di diventare il fanalino di coda.

Roberto Scano

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Pubblicato il 14 feb 2011
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