File-sharing verso il Grande Fratello

File-sharing verso il Grande Fratello

Uno studio tedesco sul futuro dell'industria musicale nell'epoca del peer-to-peer e del file-swapping segna la strada: offrire musica in cambio di dati personali sempre più specifici e dettagliati. Utenti nudi alla meta per cento canzoni?
Uno studio tedesco sul futuro dell'industria musicale nell'epoca del peer-to-peer e del file-swapping segna la strada: offrire musica in cambio di dati personali sempre più specifici e dettagliati. Utenti nudi alla meta per cento canzoni?

Web – C’è una via di salvezza per l’industria musicale nell’epoca del file-sharing e della condivisione di contenuti digitali “senza controllo” da parte degli utenti: lo sostiene uno studio della tedesca Diebold intitolato “Un piano di sopravvivenza per l’Industria Musicale – Napster e le sue conseguenze”.

Secondo gli esperti, il primo punto per le grandi etichette musicali è darsi l’un l’altra licenza di distribuzione musicale all’interno di proprie comunità di utenti, da raccogliere attorno a portali dedicati, a servizi di condivisione “autenticata” e via dicendo.

Al posto del denaro, agli utenti l’industria discografica secondo Diebold dovrebbe chiedere dati personali. In un quadro del genere, infatti, gli utenti si collegherebbero ad una “piattaforma” alla quale cederebbero i propri dati personali, dichiarando i propri gusti e la propria propensione al consumo. Così facendo, acquisirebbero “il diritto” di accedere a contenuti musicali in forme da decidere, come streaming o downloading.

Nello studio si ipotizza un questionario di 50 domande rivolte all’utente il quale, dopo averlo compilato, potrebbe avere l’opportunità di scaricare un centinaio di pezzi musicali nel giro di un mese. All’approssimarsi della “scadenza”, all’utente potrebbero essere poste nuove domande che fornirebbero l’accesso ad altri brani musicali.

In questo modo l’industria musicale potrebbe rivendersi quei dati (!), suggeriscono gli esperti Diebold, per ottenere i propri profitti, inserendo l’utente in uno scenario degno del Big Brother orwelliano.

Per far partire tutto questo, sostengono quelli della Diebold, sono necessarie ricerche di mercato e pesanti investimenti sul piano tecnologico e del marketing ma, secondo loro, queste spese rappresentano per l’industria discografica un investimento “molto più sicuro” dell’inseguire in tribunale i fornitori di piattaforme tecnologiche che consentono agli utenti di scambiare file liberamente.

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Pubblicato il
1 feb 2001
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