Giappone, chiappe robotiche sperimentali

Giappone, chiappe robotiche sperimentali

Glutei artificiali che reagiscono agli stimoli esterni esattamente come quelli umani. Mistero sul possibile scopo di questa avveniristica ricerca
Glutei artificiali che reagiscono agli stimoli esterni esattamente come quelli umani. Mistero sul possibile scopo di questa avveniristica ricerca

Dai robot che fanno da maître negli alberghi e nei locali più “cool” di Tokyo, a quelli che addirittura si innamorano. Il Giappone è da anni all’avanguardia nello studio e nella realizzazione di umanoidi sempre più perfezionati persino nei dettagli e nei comportamenti: ma c’era una parte del corpo che è stata finora sempre lasciata ai margini, sulla quale si era sempre lavorato pochissimo e c’è quindi molto spazio per la ricerca. I glutei. E lo stesso laboratorio che l’ anno scorso aveva annunciato di stare lavorando al bacio artificiale non è restato con le mani in mano.

Il professor Nobuhiro Takahashi, in servizio presso la facoltà di Studi Elettronici dell’Università di Tokyo, ha realizzato con la sua equipe “dei glutei umanoidi che esprimono varie emozioni con il movimento organico dei muscoli artificiali”. In altre parole, natiche robot che si contraggono, si rilassano e rispondono agli stimoli derivanti da carezze e schiaffi , esattamente come quelle umane.

Il robot che le sfoggia, battezzato Shiri (che in giapponese vuol dire appunto “glutei”), nelle intenzioni dei ricercatori punta a “rappresentare le emozioni umane attraverso il mutamento visivo e tattile dei muscoli”.

Per rendere i movimenti e le contrazioni più fedeli possibili a quelle umane, i tecnici si sono avvalsi di un sofisticato sistema di sacche gonfiabili. Questo meccanismo è stato studiato per risultare sensibile al pari della muscolatura reale, in particolar modo quando si tratta di osservarne le reazioni a un tocco esterno, quale può essere una carezza, un bacio o la classica sculacciata. “Tramite questi movimenti, possiamo essere in grado di percepire le sensazioni, ad esempio, di paura che un essere umano può provare” sostiene il professor Takahashi.

Cristiano Vaccarella

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Pubblicato il
16 mag 2012
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