Gli USA ora arrestano hacker all'estero

Gli USA ora arrestano hacker all'estero

La possibilità è contenuta in una nuova legge statunitense che non ha eguali nel mondo. I cyber-crimini nel mondo possono essere perseguiti dagli americani
La possibilità è contenuta in una nuova legge statunitense che non ha eguali nel mondo. I cyber-crimini nel mondo possono essere perseguiti dagli americani

Washington (USA) – La legge è già nota, è il celebre Patriot Act, ma uno dei suoi effetti possibili sta emergendo soltanto ora. Il testo, infatti, attribuisce alle attività di polizia informatica degli Stati Uniti il potere di perseguire anche hacker stranieri. Una situazione che sta scaldando gli animi nella capitale americana.

I nuovi poteri investigativi sono giustificati nella legge, secondo quanto riporta oggi Associated Press, dalla criticità delle infrastrutture telematiche e dunque dalla centralità della loro difesa nelle strategie governative. Va da sé che una legge come il Patriot Act, che secondo molti affossa seppure temporaneamente alcuni diritti costituzionali, associato al ruolo di leader degli Stati Uniti nel mondo delle nuove tecnologie apre le porte ad una “cyberpolizia globale” che, però, sta stretta a molti.

Quanto previsto dalla legge non ha eguali negli ordinamenti di altri paesi del mondo e secondo un avvocato specializzato nel crimine informatico che ha lavorato nel Dipartimento di Giustizia, Mark Rasch, la norma “rappresenta una espansione massiccia della sovranità territoriale americana”.

Il presidente americano George W. Bush Stando alla legge, qualsiasi crimine informatico una parte del quale “avvenga” all’interno degli Stati Uniti può dare vita ad un procedimento a carico dei responsabili, anche se stranieri e residenti all’estero. Questo significa che qualsiasi crimine informatico che si avvalga anche di server americani, sui quali transita una parte consistente delle comunicazioni internet globali, può essere perseguito direttamente dagli Stati Uniti.

A ribadire la cosa è una raccomandazione del Dipartimento della Giustizia apparsa in questi giorni: “Gli stranieri fanno spesso passare le comunicazioni attraverso gli Stati Uniti, anche mentre compiono azioni di hacking da un paese ad un altro. La legge crea la possibilità, quando ritenuto opportuno, di perseguire quei criminali negli Stati Uniti”. La raccomandazione, com’è ormai consuetudine nell’amministrazione Bush, non fa alcuna distinzione tra “hacker” e “criminali”.

Secondo alcuni, però, la legge crea un precedente grave, perché rende possibile un danno chiaro alla sovranità di altri paesi. In questo quadro, infatti, se un italiano inviasse un’immagine che gli USA reputano illecita ad un francese attraverso un server americano rischia di essere perseguito per questo negli Stati Uniti…

Secondo Rasch una eventualità del genere non si è ancora verificata “perché rappresenta un affronto al modo in cui la rete funziona. Ma con questa norma viene criminalizzata qualsiasi cosa accada su internet perché il traffico passa attraverso gli Stati Uniti. Quello che questa legge dice è che imporremmo i nostri valori su qualsiasi cosa accada da qualsiasi parte nel mondo se questa passa attraverso i nostri confini”.

David Sobel, esponente di EPIC.org, l’organizzazione che da anni si batte per la privacy, sostiene che questo aspetto della legge è particolarmente inquietante se associato con la possibilità prevista dalla stessa normativa di inviare agenti federali all’estero per catturare i sospetti e portarli negli Stati Uniti perché vengano processati: “Si tratta di una espansione significativa della giurisdizione americana rispetto ai cosiddetti cybercrimini; è stata attivata facendola passare come anti-terrorismo ma nei fatti si applica a qualsiasi genere di crimine”. Corpi speciali anche per catturare hacker e cracker in tutto il mondo?

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Pubblicato il
23 nov 2001
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