Nell’era della gig economy elevata a modello di business ideale dalle piattaforme e con l’intelligenza artificiale che mette a rischio numerose professioni, nel nome della monetizzazione spinta, rischia quasi di sembrare fuori luogo parlare di etica applicata al mondo del lavoro. O, ancora più semplicemente, di buon senso e di rispetto. Eppure, c’è qualcosa nel caso Glovo che ancora, nonostante il momento storico, sta suscitando un’ondata di indignazione non solo tra chi è direttamente interessato dalla vicenda.
+2% per le consegne con il caldo: il bonus di Glovo
I fatti, in breve. L’arrivo dell’estate ha portato con sé un’ondata di caldo record in tutto il Paese, da nord a sud, tanto che alcune regioni hanno deciso di imporre lo stop alle attività più a rischio nelle fasce orarie in cui il termometro fa segnare le temperature massime. Chi può (permetterselo) rimane a casa, insomma. E così, la società di delivery si trova a fare i conti con un numero di rider disponibili inferiore rispetto alla norma. Scatta l’idea: un bonus riconosciuto ai temerari che si mettono comunque in strada per le consegne.
- 2% per temperature tra 32 °C e 36 °C;
- 4% per temperature tra 36 °C e 40 °C;
- 8% per temperature superiori ai 40 °C.
È quanto si legge in una comunicazione aziendale inviata a chi collabora con la piattaforma. Un compenso extra per coloro che decidono di mettersi in strada nonostante il caldo torrido. A conti fatti, il guadagno aggiuntivo si riduce a volte a pochi centesimi.
La società è intervenuta con una dichiarazione in cui afferma che non si tratta di un incentivo, ma di una misura compensativa
.
L’attuale modello di collaborazione garantisce a ciascun rider la massima libertà di scelta su quando e come lavorare, anche in presenza di condizioni climatiche difficili. In questo contesto, il cosiddetto bonus previsto durante i periodi di caldo estremo nasce come una misura compensativa e non rappresenta in alcun modo un incentivo alla prestazione.
Basterebbe scambiare due chiacchiere con un qualsiasi rider per capire come anche la libertà di scelta a cui si fa riferimento è spesso influenzata da dinamiche bonus-malus legate a un algoritmo che premia disponibilità, costanza e tempestività. Questo non è però certo un problema di Glovo, ma delle basi sulle quali poggia la gig economy stessa.
Perché tutta questa enfasi nel sottolineare che non si tratta di un incentivo? Per la consapevolezza dei rischi per la salute che comporta l’attività in un contesto simile. Il risultato non cambia, ma la premessa sì: ti diamo più soldi (pochi) per le consegne a 40 °C, ma sei tu a scegliere di farlo, non ti stiamo invogliando. E pazienza se per molti lavorare non è un’opzione.
Fa caldo? Bevete alle fontanelle
La questione sarebbe con tutta probabilità passata inosservata senza la denuncia di NIdiL CGIL, venuta a conoscenza della proposta pochi giorni dopo aver incontrato i vertici dell’azienda per un confronto sul tema della sicurezza sul lavoro.
Un faccia a faccia durante il quale la piattaforma avrebbe rassicurato la rappresentanza sindacale sulla volontà di proteggere i rider fornendo loro preziosi consigli su come proteggersi dal caldo. Citiamo in modo letterale.
Indossare indumenti leggeri e protettivi; fare pause regolari in zone ombreggiate o climatizzate; controllare il proprio mezzo di trasporto; utilizzare app gratuite per individuare le fontanelle pubbliche.
Suggerimenti che NIdiL CGIL definisce utili
, seppur non sufficienti
, per i quali sarebbe stato sufficiente il buon senso. È la gig economy, bellezza.