Google, parole chiave regalate?

Google, parole chiave regalate?

Avviata una class action contro la Grande G. Avrebbe consegnato ai signori dell'advertising una miriade di informazioni personali. Tutte relative ai termini di ricerca scelti dai suoi utenti
Avviata una class action contro la Grande G. Avrebbe consegnato ai signori dell'advertising una miriade di informazioni personali. Tutte relative ai termini di ricerca scelti dai suoi utenti

Avrebbe violato la privacy di milioni di cittadini statunitensi, consegnando una serie massiva di informazioni personali tra le braccia di società specializzate in marketing e advertising . Questo il principale capo d’accusa nei confronti di Google, contenuto in una recente class action avviata presso un tribunale di San José, California.

Guidata dal cittadino a stelle e strisce Paloma Gaos, l’azione legale ha chiesto al giudice di optare in primis per una sanzione pecuniaria a carico di BigG. La corte californiana dovrebbe inoltre emanare un’ingiunzione che blocchi una precisa pratica illecita, ovvero la condivisione selvaggia delle parole chiave scelte dai suoi utenti per la ricerca sul web .

Termini spesso relativi ad informazioni personali degli stessi utenti, tra cui nomi completi, indirizzi fisici o di posta elettronica, numeri di telefono o di previdenza sociale. Ma anche dati sensibili, come ad esempio quelli relativi alla salute, alla credenza religosa o alle abitudini sessuali . Informazioni vendute da Google al marketing, ad una serie innumerevole di società terze.

Al centro delle accuse sono così finiti quei particolari dati trasmessi ai vari siti dal motore di ricerca più usato del web. Ovvero quei referrer data che indicano a miriadi di risorse online l’esatta provenienza delle visite da parte degli utenti. In particolare, Google comunicherebbe ai vari webmaster le parole chiave sfruttate dai netizen per l’accesso a determinate pagine web. Termini esplicitamente indicati nello stesso indirizzo della pagina in visualizzazione .

Accuse non ancora commentate dall’azienda di Mountain View, che ha sottolineato come nessun documento sia finora giunto all’attenzione del suo ufficio legale. Appare comunque probabile che la posizione ufficiale di Google sarà simile a quella già espressa a seguito delle lamentele di Chris Soghoian, ex-dipendente della Federal Trade Commission (FTC) statunitense.

La trasmissione dei termini di ricerca verso terze parti sarebbe una pratica abituale di tutti i search engine esistenti. I vari webmaster sfrutterebbero abitualmente le parole chiave per capire cosa abbia portato i visitatori a raggiungere un determinato sito . Google non consegnerebbe al marketing alcuna informazione personale relativa alle ricerche dei suoi utenti.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
27 ott 2010
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