Hacker trova 24mila carte di credito online

Hacker trova 24mila carte di credito online

Non si impossessa dei dati ma denuncia che sono facilmente accessibili. Afferma di aver avvertito l'azienda prima dell'attacco. Il sito colpito, però, tenta di negare tutto
Non si impossessa dei dati ma denuncia che sono facilmente accessibili. Afferma di aver avvertito l'azienda prima dell'attacco. Il sito colpito, però, tenta di negare tutto


Web – I dati relativi a 24mila carte di credito: questo il bottino che un hacker avrebbe potuto prelevare e utilizzare a proprio piacimento se non fosse stato, appunto, un hacker anziché un cracker. Un ignoto consulente di sicurezza, che ha informato della cosa il Times di Londra, è entrato nei sistemi del provider Redhotant e ha catturato, pare con una certa facilità, non solo i dati delle carte di credito ma anche nominativi e altri dettagli relativi ai singoli utenti del fornitore d’accesso britannico.

L’operazione, a cui il Times ha dato un certo risalto, viene però negata dall’azienda secondo cui nessuno avrebbe potuto, dall’esterno, arrivare a conoscere dati così protetti. L’ hacker, che sostiene di aver avvertito per ben due volte il provider della debolezza dei suoi sistemi prima di passare ai fatti, ha però specificato il metodo utilizzato per la “dimostrazione” e ha anche comunicato i nomi di alcuni personaggi celebri che sono abbonati al provider.

I sistemi di Redhotant, provider che per 30 sterline l’anno offre accesso illimitato pur soffrendo di congestione di banda, sarebbero stati bucati con un proxy. L’ hacker, infatti, ha affermato di essere entrato assumendo l’identità di un utente e di essere riuscito non solo ad arrivare al database clienti, ma anche ad accedere al network interno del provider.

“Si è trattato – ha detto al Times – di un gioco da ragazzi. Non è stato un hacking tradizionale, in quanto non ho avuto bisogno di password, è bastato infatti cercare una chiave per trovare una porta di ingresso. Il più grave errore di Redhotant è stato di tenere i suoi dati sullo stesso disco e sulla stessa macchina utilizzata per i propri servizi”.

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Pubblicato il 28 giu 2000
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