Huawei-USA: il processo inizierà nel marzo 2020

Huawei-USA: il processo inizierà nel marzo 2020

Mentre Huawei respinge categoricamente tutte le accuse mosse dagli Stati Uniti, oltreoceano viene fissata la data di avvio del processo: marzo 2020.
Huawei-USA: il processo inizierà nel marzo 2020
Mentre Huawei respinge categoricamente tutte le accuse mosse dagli Stati Uniti, oltreoceano viene fissata la data di avvio del processo: marzo 2020.

È fissato per il marzo 2020 l’avvio del processo che vedrà Huawei (più precisamente le divisioni Device Co. e Device USA del gruppo) sul banco degli imputati negli Stati Uniti. Lo ha stabilito il giudice Ricardo S. Martinez. Le accuse sono quelle ufficializzate a fine gennaio, tutte già rispedite al mittente dal colosso cinese, che nella giornata di ieri ha ribadito la propria posizione e l’estraneità ai fatti contestati di fronte alla corte federale di Seattle.

Huawei-USA, il processo nel 2020

Al gruppo asiatico si attribuiscono comportamenti riconducibili al furto di segreti industriali, attività fraudolente e ostruzione alla giustizia. Per il primo capo d’imputazione l’ammenda potrebbe arrivare a cinque miliardi di dollari, somma calcolata triplicando il valore delle proprietà intellettuali sottratte. Il riferimento è, tra le altre cose, alla vicenda che ha coinvolto il robot Tappy impiegato dall’operatore T-Mobile per il test degli smartphone.

Il dito è inoltre puntato nei confronti di Huawei per la presunta violazione delle sanzioni commerciali stabilite dagli USA verso l’Iran. Sotto osservazione le pratiche attuate mediante la società Skycom Tech con sede a Hong Kong, che già hanno fatto scattare le manette per la CFO Meng Wanzhou, arrestata in Canada nel mese di dicembre e ora in attesa di una decisione (arriverà in questi giorni) sulla richiesta di estradizione avanzata dagli Stati Uniti.

5G, timori per la sicurezza e nuovi equilibri

Tutto questo mentre a livello globale si discute della fornitura di apparecchiature e componenti per l’allestimento delle reti 5G. Da oltreoceano è giunta più volte la richiesta di non affidarsi a gruppi cinesi come Huawei e ZTE, per via dei timori legati a potenziali attività di spionaggio. Una richiesta accolta da alcuni paesi e respinta da altri: l’Italia, per il momento, non ha assunto una posizione definitiva.

Una questione complessa, che si sviluppa non solo sul piano tecnologico, ma anche su quello geopolitico. Le tensioni tra Washington e Pechino, l’atteggiamento protezionista assunto da Trump, gli accordi commerciali con la Cina e l’esigenza di proteggere le informazioni veicolate attraverso i network mobile di nuova generazione sono alcuni dei fattori che, inevitabilmente, andranno a determinare nuovi equilibri su scala internazionale. Avrà il suo peso anche l’esito del processo a Huawei, qualunque esso sia, considerando l’importanza del gruppo nel territorio mobile (è al momento il secondo produttore di smartphone) e per quanto concerne il suo impegno sul fronte 5G.

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Pubblicato il
1 mar 2019
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