I cinesi si scoprono anti-censura

I cinesi si scoprono anti-censura

Ha solo il sapore della rivoluzione una petizione popolare che se la prende con le scelte del Governo. Basta - dicono i cinesi - con la censura di Internet
Ha solo il sapore della rivoluzione una petizione popolare che se la prende con le scelte del Governo. Basta - dicono i cinesi - con la censura di Internet

Pechino – Un gruppo di attivisti cinesi che si batte per le libertà digitali ha deciso di far sentire la propria voce contro il Governo per porre fine al fenomeno della censura online , tanto diffuso quanto apprezzato dalle più alte cariche istituzionali . La mobilitazione anticensura, nata ed organizzata su alcuni forum stranieri fuori dal controllo delle autorità cinesi, è costituita da una petizione popolare per “il ripristino delle libertà costituzionali sulla libertà d’espressione”.

Già: la costituzione della Repubblica Popolare Cinese contiene ben due riferimenti dove, potenzialmente, si configura la tutela della libertà d’espressione – a patto, naturalmente, che i cittadini non ne abusino per “intaccare l’ordine socialista” e sovvertire la “rivoluzione”. Un diritto, perciò, estremamente facile da scavalcare, messo costantemente a repentaglio da un’ideologia politica del tutto allergica ad ogni tipo di pluralismo .

Chen Yongmiao, uno degli organizzatori della mobilitazione, ha rilasciato una dichiarazione all’agenzia Reuters dove “smaschera” il controllore supremo della complicata nomenclatura cinese: “L’Ufficio Statale dell’Informazione”, dichiara Chen, “è il soggetto che regola i flussi informativi su Internet ed ha il potere di abilitare o meno i cittadini alla disseminazione d’informazioni online”.

Chen sostiene che i sistemi di controllo dell’informazione utilizzati in Cina “non sono differenti da quelli in vigore presso altri paesi”: spera semplicemente che la petizione possa imprimere un cambiamento nei criteri utilizzati dall’Ufficio Statale dell’Informazione. “Abbiamo il diritto alla libertà d’espressione ma l’unico problema è dato dall’esistenza di regole, cavilli ed uffici che bloccano tutti i canali atti alla diffusione delle proprie opinioni”, sottolinea Chen.

Il diritto di esprimere la propria opinione, insomma, esiste solo sulla carta. Tuttavia i promotori della petizione sono talmente naif ed incatenati alla propria realtà
di notizie fabbricate ad arte da negare addirittura l’ incarcerazione di dissidenti attivi sul web.

Secondo Reporter Sans Frontières , la storica associazione in prima linea per difendere la libertà di stampa e di pensiero, la Cina capeggia la lista nera dei “nemici numero uno” dei diritti digitali, con 32 giornalisti finiti dietro le sbarre e ben 62 dissidenti imprigionati per reati d’opinione connessi ad Internet.

E proprio negli ultimi giorni, Yahoo! è di nuovo finito nell’occhio del ciclone di RSF perché accusato di aver permesso la cattura di Wang Xiaoning, un attivista politico che usava e-mail e forum web per propagare la propria ideologia democratica. Wang, già in manette, rischia fino a 10 anni di reclusione per “attività sovversiva”.

Tommaso Lombardi

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Pubblicato il
3 mag 2006
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