IBM sperimenta la fresatrice nanometrica

IBM sperimenta la fresatrice nanometrica

BigBlue cerca di inventarsi il futuro della produzione di microchip. La risposta alle necessità di miniaturizzazione? Una fresa dalle dimensioni infinitesimali che taglia piste e logica nei circuiti integrati
BigBlue cerca di inventarsi il futuro della produzione di microchip. La risposta alle necessità di miniaturizzazione? Una fresa dalle dimensioni infinitesimali che taglia piste e logica nei circuiti integrati

Non sono trascorsi che pochi mesi da quando Intel ha commercializzato i suoi processori (con relativa GPU integrata) della serie “Core iX” realizzati con processo produttivo a 32 nanometri , e in attesa del già paventato balzo generazionale dei 22 nm c’è già chi pensa al futuro e alle possibili tecniche di produzione con cui sostituire la tradizionale litografia elettronica. IBM sperimenta nuove soluzioni e promette di poter andare anche oltre gli 11 nm – barriera oltre la quale i transistor dovranno necessariamente passare a tecnologie diverse dal silicio .

La nuova tecnica sviluppata dai ricercatori IBM di Zurigo impiega una nanosonda lunga 500 nanometri e spessa solo pochi nanometri alla punta, capace di “sondare” il materiale bersaglio con una precisione al singolo nanometro (o miliardesimo di metro). Gli studiosi hanno applicato calore (330°) e forza alla sonda impiegandola come una vera e propria fresatrice su un materiale appositamente progettato, ottenendo come risultato due repliche nanoscopiche del monte del Cervino e di una mappa del mondo in 3D.

La sonda – che al momento ha una risoluzione operativa di 15 nm – lavora rimuovendo il materiale in strati successivi, e in meno di tre minuti è riuscita a “scolpire” una riproduzione del Cervino alta 25 micron (milionesimi di metro) e una mappa geografica del pianeta Terra misurante 22 micron per 11.

Il funzionamento della nuova tecnica è stato dimostrato su due diversi tipi di substrato, vale a dire un polimero di produzione interna a IBM chiamato “polyphthalaldehyde” e un vetro molecolare concepito presso la Yamagata University in Giappone negli anni ’90.

Non è l’arte nanoscopica, ovviamente, l’obiettivo principale di BigBlue, quanto piuttosto la realizzazione di un metodo di produzione alternativo a quello litografico attualmente impiegato per “stampare” i circuiti al silicio nei microchip più avanzati.

Il “nanopatterning” con nanosonda, che IBM sta attualmente provando a dare in licenza ad aziende e università, si candida come potenziale soluzione alle sempre più pressanti difficoltà poste dalla miniaturizzazione dei componenti e dei processi produttivi, offrendo in cambio costi inferiori, maggiore risoluzione operativa (15 nanometri e anche oltre) e velocità di “stampa” superiori.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
23 apr 2010
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