Il P2P come la droga

Il P2P come la droga

Il dipartimento di Giustizia USA chiede maggiori poteri di indagine sulle reti telematiche e si prepara - afferma - alla più grande offensiva mai condotta contro la pirateria. Con le armi dell'antidroga
Il dipartimento di Giustizia USA chiede maggiori poteri di indagine sulle reti telematiche e si prepara - afferma - alla più grande offensiva mai condotta contro la pirateria. Con le armi dell'antidroga


Washington (USA) – Nessuna tregua alla violazione del diritto d’autore e, soprattutto, più leggi, soldi, uomini e mezzi per combattere la diffusione su Internet di materiale protetto attraverso le reti di scambio peer-to-peer.

Questo il senso del rapporto che il dipartimento di Giustizia ha consegnato al Congresso, a cui ha chiesto una serie di nuovi e più ampi poteri di indagine , che si dovranno concretizzare in investimenti in più avanzate tecnologie, nel rimpolpare le fila dell’FBI, soprattutto sul fronte della prevenzione contro il cybercrime, e nel consentire ai procuratori di stato di agire con maggiore incisività contro gli illeciti condotti via P2P.

“Il Dipartimento – ha dichiarato il procuratore generale John Ashcroft – è pronto a dar vita al più forte e aggressivo assalto legale contro il crimine di furto della proprietà intellettuale nella storia del nostro paese”.

Come fermare i pirati? Il Dipartimento non vuole perdere tempo e chiede che sia consentito ai cybercop di procedere ad intercettazioni su vasta scala anche se l’oggetto dell’indagine è una violazione della proprietà intellettuale. E spinge perché si arrivi al più presto alla criminalizzazione dell’importazione di prodotti pirata , possibile anche attraverso Internet.

Il rapporto, destinato a condizionare non poco gli orientamenti del Congresso, appoggia anche apertamente i progetti per due normative che molti considerano pericolose e che sono già state oggetto di vivacissime polemiche. La prima è il cosiddetto Induce Act , legge che se approvata dal Congresso trasformerà in atto criminale la creazione di software di scambio o di qualsiasi tecnologia che possa essere considerata una “induzione” a compiere un atto illegale, ossia condividere musica, film e altri materiali protetti senza il consenso dei detentori del diritto d’autore. Non solo i software del P2P ma anche player portatili come l’iPod rischiano in questo modo di finire nella morsa di una sorta di censura preventiva. Una legge talmente pesante da aver fatto insorgere anche l’industria dell’hi-tech che ne ha chiesto la cancellazione.

La seconda normativa di cui il Governo chiede ufficialmente la rapida approvazione è il corrispettivo americano della Legge Urbani , il “Piracy Deterrence and Education Act”, un testo che prevede carcere e multe salatissime per chi pone in condivisione file protetti.

Stando al rapporto, sarebbe enorme la diffusione della pirateria attraverso Internet, una situazione che secondo il Dipartimento dev’essere affrontata con la massima celerità e severità. E questo anche se dal rapporto è stata esclusa una misura prevista in bozza che avrebbe consentito ai procuratori generali di portare direttamente in tribunale i violatori delle normative sul diritto d’autore.

Inutile dire che la presentazione del rapporto è stata accolta con vivissimo entusiasmo dall’industria della musica e del cinema. Tanto RIAA che MPAA , le due associazioni di settore, hanno descritto il rapporto come “musica per le nostre orecchie” e hanno ringraziato il Dipartimento per voler “difendere l’economia del nostro paese contro i pericolosi pirati della proprietà intellettuale”.

Di tutt’altro segno evidentemente le reazioni dell’industria cresciuta attorno al P2P, come quelle raccolte da cnet di Phil Corwin di Sharman Networks, secondo cui Ashcroft sta chiedendo poteri che sarebbero giustificati soltanto nella lotta al terrorismo, perché “vuole dar vita ad una guerra alle violazioni di copyright modellata in gran parte sulla guerra alla droga”. Secondo Corwin si impone una riflessione attenta delle proposte del rapporto in quanto vi si chiede “la massima criminalizzazione di comportamenti da parte di cittadini altrimenti irreprensibili dai tempi del proibizionismo” . Corwin ha insistito sul fatto che il Congresso non deve far passare il concetto che le violazioni del cittadino comune siano trattate alla stregua di quelle della criminalità organizzata.

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Pubblicato il 14 ott 2004
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