(in)sicurezza/ Dove finisce la paura ed inizia Internet

(in)sicurezza/ Dove finisce la paura ed inizia Internet

di Matteo Flora - Non si può volere una rete sicura a priori perché il genitore non ha tempo da passare con il figlio per provvedere al suo sviluppo. Non si può volere una rete sicura per trasformarla in una sorta di babysitter
di Matteo Flora - Non si può volere una rete sicura a priori perché il genitore non ha tempo da passare con il figlio per provvedere al suo sviluppo. Non si può volere una rete sicura per trasformarla in una sorta di babysitter

Scrivo questo articolo dall’aeroporto di Bari, alla disperata ricerca di una presa di corrente. Sto per tornare a Milano dopo una giornata di lavoro, quella di ieri a Trani, come relatore al Congresso del Lions sull’importante fronte Dignità e Diritti dei Minori, Abusi di Internet e Psicofarmaci a cui sono intervenuto. Non sono membro Lions e non ho alcun tipo di affiliazione, ed oltretutto nel mio intervento sulla censura in italia sono stato estremamente critico contro l’efficacia delle misure di censura nei confronti della lotta alla pedopornografia.

Nulla quindi di nuovo, parrebbe. Da un lato la “Grande Paura” di Internet e dall’altra la costante preoccupazione per il controllo. Ma questa volta forse ho imparato qualcosa io nel modo di comunicare i problemi di Internet e Censura. Le mie idee al limite dell’anarchia per quanto riguarda la neutralità della rete e la intrinseca libertà delle informazioni in essa contenute ben poco si conformano alla morale di protezionismo di chi ritrova come acronimo della propria associazione “Liberty Intelligence Our Nation Safety” ma questa volta invece di scontrarmi a muso duro (duro e puro come al solito) ho cercato di comprendere come mai persone di ceto sociale mediamente alto, tutte di cultura universitaria almeno e di spiccata indole verso le libertà personali si trovasse d’accordo con una configurazione normativa di Stato di Polizia come quella vigente oggi nel mondo italiano della rete per quanto riguarda i temi scottanti di Pedofilia e PedoPornografia.
Non mi sembrava semplicemente possibile e ho cercato di capire ragioni e sentimenti.

Il quadro che ne è emerso, dopo ore ed ore di discorsi e di confronti, sul sagrato della Cattedrale che ospitava il convegno (e vi assicuro che parlare in una cattedrale è un’esperienza sconvolgente, soprattutto in quella sul mare di Trani ) oppure a cena o ancora sulla strada dell’albergo mi ha aperto nuovi orizzonti che spero di utilizzare nella divulgazione di questo strano animale che è Internet.

Il concetto di base per l’adozione di norme e sistemi di controllo è lo stesso che viene mutuato dalla televisione pubblica: le fasce protette e la sicurezza, che al minore sia consentita una navigazione sicura quando si trova da solo di fronte al monitor. Nell’ottica dei Lions, ma a questo punto direi nell’ottica di moltissimi, compreso forse il legislatore, non si tratta di bloccare o di fermare, quanto di prevenire e rendere sicuro. La paura è quella dei siti che possono contenere immagini scioccanti, quella dei pedofili che usano le chat per adescare, quella dell’incitamento all’utilizzo di sostanze stupefacenti o dell’incitamento a pratiche dannose o letali. E la cura è la censura del privato genitore (tramite prodotti di patrolling, come NetNanny) mentre si auspica quella diretta del legislatore (censura a livello DNS o IP).
E l’intangibilità di Internet, la sua vastità e la sua poca conoscenza amplifica incredibilmente i pericoli percepiti, travolgendo tutti in una sorta di “Phobia 2.0”, di “Terrore Web”, di “Apocalisse Digitale Cosmica Di Perdizione Totale Del Minore”.

Ho imparato diversi anni fa che la cura per prevenire la paura non è la rassicurazione totale e generale. Non serve a nulla dire ad una persona terrorizzata dagli ascensori (non c’è nulla di autoreferenziale, OK?!?) una frase come “tanto cosa vuoi che accada”. Lui/lei sa benissimo “cosa vuole che accada” e vede decine se non centinaia di scenari apocalittici. Serve, invece, ridimensionare il rischio, magari paragonandolo ad altre cose. Serve sapere quanti ascensori all’anno nel mondo rimangono incastrati (veramente pochi), che esiste un secondo cavo di emergenza se il primo si dovesse rompere (a volte anche tre) e forse anche sapere che muoiono più persone al mondo per soffocamento con una lisca di pesce che non per incidenti legati agli ascensori (e qui male che vada si smette di mangiare pesce…). Oppure dire che i morti che rotolano dalle scale sono più numerosi di quelli sugli ascensori, facendo così capire che addirittura l’elevatore potrebbe essere un mezzo sin più sicuro della sua controparte statica.

E allora ho provato a modificare le mie argomentazioni e spiegare taluni concetti. Sono partito dicendo che software come NetNanny sono aggirabili in pochissimi minuti utilizzando termini dialettali per le stesse parti anatomiche, ma ho trovato una barriera ideologica che mi diceva semplicemente “trovate nuove soluzioni migliori”. Poi ho avuto l’illuminazione.

Ho spiegato ai miei interlocutori che in vent’anni di vita sul web ho consultato centinaia di siti sulle sostanze psicotrope per informarmi, ma che era sempre e solo nella vita reale che qualcuno mi aveva offerto di acquistare le stesse sostanze. Ho spiegato che sono stato invischiato in centinaia di flame war su Internet, con insulti e minacce a gogo ma che nella realtà dei fatti le uniche volte in cui sono tornato a casa più o meno gravemente ammaccato sono state nelle varie discoteche e nei vari pub, per cose successe nella vita reale.

Ho provato a spiegare che benché ricercando su Internet si può trovare della violenza gratuita, questa ci viene propinata in dosi sicuramente maggiori nel telegiornale serale o nel film in prima serata. Ho raccontato di come la chat su Internet mi ha aiutato in periodi in cui non volevo parlare come Matteo e di come in tutti i casi di adescamento che conosco il tutto si sia svolto nella vita reale, in un Sabato pomeriggio come tanti altri.
Ho spiegato che hanno paura di Internet ma che il cellulare offre gli stessi pericoli ma hanno imparato ad accettarne l’uso, badando semplicemente ad ignorare le telefonate sgradite. O a cambiare numero, come si può cambiare una mail.

Infine mi sono addentrato nelle paure della Pedofilia e dei contenuti di quel tipo, chiedendo cosa credevano sarebbe successo se mai loro figlio tredicenne si fosse imbattuto in contenuti pornografici di ragazzi/bambini della sua età. Cosa pensate, che di certe cose non discuta coi coetanei?

Ho spiegato loro che tutti i minorenni hanno sfogliato Playboy o peggio. E che nessuno è divenuto un maniaco per questo motivo. Altre cause, altri contesti, non certo uno sporadico contatto con un contenuto che può interessare (ed allora lo si ricercherebbe anche senza Internet), può non interessare o addirittura, ancora ricordo i miei 12 o 13 anni e taluni compagni, addirittura schifare;)

E, sopra a tutto, ho spiegato che ciò che mi ha difeso negli esordi di Internet, quello che mi ha fatto da scudo di fronte a contenuti rivoltanti o sconvolgenti, la mia barriera contro l’utilizzo di droghe o la deviazione non è stato un filtro internet o una rete blindata, ma l’educazione e la formazione che ho ricevuto dai miei genitori e dai miei educatori o insegnanti. Ed un pizzico di intelligenza e di senso critico.

Non si può volere una rete sicura a priori perché il genitore non ha tempo da passare con il figlio per provvedere al suo sviluppo. Non si può volere una rete sicura perché deve divenire, come il televisore in fascia protetta, una sorta di babysitter davanti a cui parcheggiare il pargolo per interminabili ore, sicuri che “non vede niente di male, eh!”. Non si può.

Internet è una fonte di informazioni, un mondo, un ecosistema. Non è differente dalla vita reale, è solamente più agevole in quel contesto pubblicare e ritrovare informazioni che nella vita reale sarebbero comunque rintracciabili e pubblicabili.

Internet obbliga a crescere per essere usufruita, e invece del manualetto istituzionale sui rischi di Internet e su come utilizzarlo in modo sicuro, vorrei vedere un manuale del Ministero della Salute che insegni a fare i genitori.

Sia chiaro, non ritengo necessario nessuno dei due, intendo solo fare comprendere che dinamiche e pericoli di Internet non sono difformi dalla vita reale, non sono differenti e devono essere trattati nello stesso modo: parlando e spiegando. Non si può lasciare che la televisione, Internet, Dio, il Furby siano la fonte di informazione e di educazione di un bimbo/ragazzino che probabilmente ha solo necessità di una cosa: qualcuno che gli spieghi come funzionano le cose e la vita. Che sia un genitore o lo stato, che sia un educatore o un parente o un amico, non ha importanza.

E a questo punto, vedendo le facce dei presenti scure ma annuenti ho capito che, forse, per una volta ero riuscito a esprimere un concetto che sono anni che cerco di formulare.

Non si protegge un bambino dalla vita, gli si insegna ad comprenderla e affrontarla.
Non si protegge un bambino da Internet: gli si insegna a comprenderla ed affrontarla.

Estote parati.

Matteo Flora
LastKnight.com

I precedenti interventi di M.F. sono disponibili a questo indirizzo

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Pubblicato il 7 apr 2008
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