Inutili i ricorsi antispam al Garante?

Inutili i ricorsi antispam al Garante?

Se lo chiede uno dei primi italiani che, nel 2002, è riuscito ad ottenere una decisione su uno spam ricevuto. Ma da allora la situazione si è evoluta e, a suo dire, va molto peggio
Se lo chiede uno dei primi italiani che, nel 2002, è riuscito ad ottenere una decisione su uno spam ricevuto. Ma da allora la situazione si è evoluta e, a suo dire, va molto peggio


Roma – Gentile redazione di Punto Informatico, ho già avuto modo, in passato, di esprimere qualche considerazione sul fenomeno dello spamming. Forse ricorderete i momenti d’entusiasmo di quando… “piovevano multe dal Garante” . Era il 2002, e da allora le cose sono cambiate di molto.

Non mi riferisco tanto al fatto che la legge 675/96 è stata corretta e migliorata con il nuovo Codice sulla Privacy, bensì alla concreta efficacia dell’operato del Garante.

Mi spiego meglio: quando, sulla scia del “colpire gli spammer al portafogli” , cominciammo a presentare i primi ricorsi, l’iter di fronte al Garante si concludeva nell’arco di 2/3 mesi: il Provvedimento adottato, comunicato alle parti senza ritardo, costituiva uno strumento davvero efficace contro gli spammer.

Oggi, come premesso, la situazione è notevolmente mutata. In peggio. E mi spiego.

Ho presentato 2 ricorsi, in data 8 e 29 maggio 2003, e da allora non ho avuto alcun riscontro. Intanto, vengo a sapere che i ricorsi risalenti al settembre 2003 sono invece tutti regolarmente notificati. Perché? Decido di chiederlo direttamente all’Ufficio Relazioni con il Pubblico dell’Autorità, ma ottengo solo un cortese invito a pazientare, poiché i ricorsi, miei e di altri, presentati in quel periodo “non sono ancora stati depositati”, e che comunque i tempi si sono dilatati. Pazienterò. Ma nel frattempo non mi sento granché “garantito”, e penso: ho perso tempo per redigere il ricorso, ho speso quasi 40 euro per presentarlo, per inciso ho ricevuto le classiche minacce di morte telefoniche, e i miei dati personali sono da quasi un anno in mano a persone senza scrupoli che li usano per gli scopi più disparati.

Viene dunque da chiedersi se non sia il caso di apportare i correttivi del caso all’operato di un’Autorità Indipendente che, evidentemente, non è più in grado di reggere una certa mole di lavoro. Confrontiamoci, cerchiamo soluzioni alternative, analizziamo i problemi, perché allo stato dei fatti – mi duole dirlo – di ricorrere al Garante per la Privacy non vale proprio la pena.

I miei migliori saluti
Filippo Forni

Caro Filippo
credo che la tua lettera sia ancora una volta molto utile, in questo caso per mettere in luce le molte difficoltà in cui si dibatte uno dei pochi organismi di garanzia che, a parere dello scrivente, ha dimostrato in questi anni di voler svolgere fino in fondo il proprio lavoro. Il fatto che l’Ufficio del garante sia sottodimensionato è una questione già dibattuta e sta diventando palese, una situazione che rischia di deludere chi, come te, cerca di far rispettare i propri diritti.
La speranza, evidentemente, è quella di un rafforzamento della struttura. Ciò, però, richiede risorse pubbliche ed è necessario, per ottenerle, che chi le gestisce sia d’accordo.
Spero che su questo si possa presto aprire una finestra di dibattito, a partire proprio da un dialogo con il Garante.
A presto, Lamberto Assenti

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Pubblicato il
25 mar 2004
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