Il fenomeno dei chatbot non è proprio una novità dell’ultima ora, ma per quanto riguarda l’Esercito USA questo genere di tecnologia ha dato origine a una vera e propria “star”: il Sergente Star è appunto l’intelligenza artificiale deputata a interagire con il pubblico, un agente interattivo con un vasto database di informazioni e dietro cui si potrebbe nascondere una serie di IA specializzate sguinzagliate online da FBI e CIA.
Attivo da cinque anni, il bot del Sergente Star ha risposto a 10,5 milioni di domande (correttamente nel 94 per cento dei casi) in 2,8 milioni di sessioni di chat, fornendo secondo l’esercito statunitense le stesse prestazioni di 55 reclutatori umani.
Star è in grado di risolvere tutti i dubbi sul servizio per i potenziali soldati volontari e persino di rispondere a questioni scientifiche di pubblico dominio, ma quando si tratta di fornire informazioni su altri, eventuali chatbot impiegati dalle autorità statunitensi l’agente fa il vago e declina la domanda.
Ma Electronic Frontier Foundation è riuscita comunque a sapere qualcosa riguardo gli altri chatbot a stelle e strisce, non attraverso l’agente Star ma grazie a documenti pubblicamente disponibili online dove la revisione della censura non è stata particolarmente efficace nel nascondere i passaggi che sarebbero dovuti rimanere segreti.
Si è venuto quindi a sapere che la stessa tecnologia adottata dal Sergente Star – raffinata nel tempo e costantemente arricchita di nuovi contenuti con briefing tra esperti militari in carne e ossa – è stata utilizzata, già nel 2003, da FBI e CIA per scovare sospetti pedofili e terroristi attivi nelle chat in rete con una capacità di monitoraggio di 20-30 diverse conversazioni per singolo agente. La possibilità che le agenzie statunitensi continuino a utilizzare i chatbot anche oggi è ignota ma altamente probabile.
Alfonso Maruccia