LinkedIn, esordio positivo in borsa

LinkedIn, esordio positivo in borsa

Quasi raddoppiato il valore del titolo nel primo giorno di contrattazioni. Qualcuno parla già di nuova bolla speculativa. Ma il social network è già in nero, e ha un business model collaudato
Quasi raddoppiato il valore del titolo nel primo giorno di contrattazioni. Qualcuno parla già di nuova bolla speculativa. Ma il social network è già in nero, e ha un business model collaudato

Il social network legato al mondo del lavoro LinkedIn ha fatto il suo esordio in borsa (con il simbolo LNKD) accolto dall’ottimismo degli investitori.

Il titolo si è presentato al New York Stock Exchange con un’offerta iniziale di acquisto di 45 dollari e ha così venduto 7,84 milioni di azioni. Il titolo è poi salito fino a 92,99 dollari , chiudendo a 81,76 dollari e facendo racimolare al social netowrk 352,8 milioni di dollari.

Il balzo di LinkedIn è stato così notevole da spingere alcuni osservatori a collegarla con gli altri finanziamenti raccolti dalle grandi aziende ICT e a parlare di rischio di nuova bolla speculativa. D’altra parte si tratta dell’esordio in borsa di un’azienda Internet più grande dai tempi di Google.

A questo pericolo il CEO di LinkedIn Jeff Weiner ha risposto che non si tratta di un problema di questo tipo, dal momento che si può lavorare per “continuare a crescere”. In ogni caso rappresenta una sorta di antipasto, in quanto primo social network statunitense ad esordire con l’IPO, in attesa dell’arrivo del gigante Facebook.

I nuovi finanziamenti, intanto, permetteranno all’azienda, come da essa spiegato alla Securities and Exchange Commission , di continuare con le operazioni già iniziate e di acquisire altre aziende e tecnologie. Gli introiti del social network, che l’anno scorso ha guadagnato 3,4 milioni di dollari su 243 milioni di dollari di fatturato, arrivano dalle soluzioni a pagamento, legate alla possibilità data a cacciatori di teste e alle aziende di esplorare i profili degli utenti alla ricerca di possibili candidati per posti di lavoro (servizi a pagamento introdotti nel 2005), e per il 30 per cento dall’advertising.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
19 mag 2011
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