Ma chi avrebbe capito Internet?

Ma chi avrebbe capito Internet?

di S. Manfredini - La Commissione Vigevano ha escluso coloro che avrebbero potuto parlare della rivoluzione innescata dalla rete. Dentro le multinazionali, fuori gli indipendenti
di S. Manfredini - La Commissione Vigevano ha escluso coloro che avrebbero potuto parlare della rivoluzione innescata dalla rete. Dentro le multinazionali, fuori gli indipendenti


Roma – Mi sono chiesto, scorrendo la lista degli auditi dalla Commissione per capire Internet , la cosiddetta Commissione e-Content presieduta da Paolo Vigevano, chi altro avrebbe dovuto essere ascoltato perché da quella Commissione uscisse un giudizio di certo equilibrato e sensato . La domanda viene da sé proprio leggendo i nomi degli intervenuti .

Dando per scontata la necessità di ascoltare le posizioni delle autorità di Polizia e dei provider, infatti, con l’unica eccezione dei webmaster di IWA e dell’ Associazione Software Libero ci troviamo dinanzi ad un elenco di associazioni d’impresa, di lobby giornalistiche e di multinazionali che con tutto hanno a che vedere meno che con le libertà digitali.

I lettori di Punto Informatico, e pochi altri, sanno come ha spiegato lo stesso Vigevano che il tempo delle audizioni era contingentato e dunque non è stato possibile ascoltare tutti coloro che hanno chiesto di essere auditi. Se non sono state ascoltate Free Software Foundation Europe o NewGlobal.it , per dire due nomi di gruppi associativi “lato utente”, dunque è stato colpa del poco tempo a disposizione . Lo stesso deve essere accaduto con quel nugolo di esperti italiani di cose della rete che avrebbero potuto dare una visione “storica” del suo sviluppo e magari infilarci un pizzico di geekness in più, che non guasta mai.

E sì che la “commissione per capire Internet” , una definizione che ho letto proprio qui su PI, una delle tante intuizioni di questo giornale, è stata un parto difficile, fin da quando Urbani promise a Cortiana in Senato che sì, una Commissione per evitare gli errori del passato era proprio il caso di metterla in piedi. Grazie a Stanca e al dipartimento all’Innovazione di cui Vigevano è espressione, quella Commissione è effettivamente nata. Il suo scopo ufficiale è stato quello di interpretare l’impatto della rivoluzione digitale sulle proprietà intellettuali e sulle relative tecnologie di controllo. Un lavorìo intenso di cui va dato atto ai membri della Commissione e che ha portato ad un voluminoso insieme di considerazioni che non sembrano però destinate a sfociare in proposte legislative.

Mi verrebbe da dire “per fortuna”, vista la forte presenza nella lista di soggetti che nulla hanno a che vedere con lo sviluppo di Internet, semmai con gli strumenti per sfruttarla, costi quel che costi, per gonfiare i propri portafogli. Vista la presenza delle multinazionali della musica e del cinema, vista insomma la quasi assoluta assenza di qualsiasi voce veramente indipendente mi viene da dire, appunto, che se è andata così è una “fortuna”. Se una proposta normativa fosse uscita da questo lavoro, cioè da questi interessi specifici, probabilmente già saremmo tutti ad innalzare barricate sulle strade e dentro la rete.

E però quella che si è consumata è un’occasione sprecata . Perché la Commissione è costata soldi pubblici, ci piacerebbe anche sapere quanto, e non ha risolto alcuno dei problemi che hanno portato a tre anni di normazione sconsiderata e al varo della demenziale Legge Urbani, tanto che, come sanno i lettori di questo giornale, persino l’attuale revisione di quella Legge rappresenta una clamorosa calata di braghe dinanzi all’industria più retrograda. Naturalmente se andrà in porto sarà fatta passare come una conquista per i diritti digitali.

L’unico vantaggio di tutta l’operazione è che ora sappiamo ufficialmente, per l’attuale Governo, chi sono gli interlocutori con cui intende dialogare per le proprie politiche Internet. E, in fondo, anche solo questo può aiutare ciascuno di noi a capire meglio quanto sta accadendo. Un grazie, quindi, a tutti i coinvolti nell’operazione Commissione.

Saverio Manfredini

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Pubblicato il 11 feb 2005
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