Phorm, il ritorno dello spione?

Phorm, il ritorno dello spione?

Secondo un articolo del Wall Street Journal, due aziende statunitensi avrebbero avviato un periodo di sperimentazione con tecnologie di deep packet inspection. Tra queste la stessa società che aveva monitorato gli utenti di British Telecom
Secondo un articolo del Wall Street Journal, due aziende statunitensi avrebbero avviato un periodo di sperimentazione con tecnologie di deep packet inspection. Tra queste la stessa società che aveva monitorato gli utenti di British Telecom

Un lungo articolo apparso tra le pagine online del Wall Street Journal , a fare luce sull’imminente ritorno in campo di una delle tecnologie intrusive più pericolose per la privacy degli utenti. Ovvero di quei meccanismi di deep packet inspection che tanto avevano allarmato gli attivisti britannici.

Due le società coinvolte: la californiana Kindsight Inc e quella con base in Delaware Phorm, già al centro di feroci critiche in terra britannica per aver monitorato il traffico Internet degli utenti del provider British Telecom . Le due aziende avrebbero già contattato vari ISP per un periodo di sperimentazione delle tecnologie in questione.

Stando a quanto riportato dal WSJ , i vertici di Kindsight Inc e Phorm avrebbero già sottolineato come la privacy di milioni di utenti non corra alcun pericolo. A tutti verrà chiesto di fornire un esplicito consenso , posto che alle due società non interesserebbe frugare fra messaggi personali di posta elettronica o analizzare attività sensibili condotte online.

L’uso delle tecnologie di deep packet inspection servirebbe invece per la consegna di messaggi pubblicitari su misura , a partire dai vari siti web visitati dagli utenti. Kindsight e Phorm andrebbero così a spartirsi con gli inserzionisti i ricavati generati con la pubblicità mirata.

Sempre secondo l’articolo del WSJ , le due società non otterranno dai vari provider i dati identificativi dei singoli utenti. Nessuna informazione personale verrà così raccolta , nessuno avrà accesso silente alle navigazioni dei netizen. Questi potranno in pratica decidere se acconsentire o meno alla sperimentazione.

C’è però chi ha subito storto il naso , dati i precedenti non esattamente trasparenti di Phorm. Le stesse tecnologie di deep packet inspection potrebbero essere infatti sfruttate per fini legali. Quello che mancherebbe è invece una regolamentazione decisa da parte delle autorità nazionali. Phorm non potrebbe tornare in pista così facilmente.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il 25 nov 2010
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