PlayStation Network, i giudici danno ragione a Sony

PlayStation Network, i giudici danno ragione a Sony

Una corte della California ha respinto la class action intentata dagli utenti in seguito ai danni subiti con l'attacco cracker del 2011. Secondo i giudici, Sony avrebbe agito seguendo le regole
Una corte della California ha respinto la class action intentata dagli utenti in seguito ai danni subiti con l'attacco cracker del 2011. Secondo i giudici, Sony avrebbe agito seguendo le regole

Dopo circa un anno e mezzo dall’ attacco cracker al PlayStation Network di Sony, è arrivata in questi giorni la decisione del giudice chiamato a esprimersi sulle accuse di negligenza lanciate dagli utenti nei confronti dell’azienda giapponese. Secondo la corte distrettuale del Southern California, la class action intentata nel giugno del 2011 sarebbe “ingiustificata” poiché l’azienda non avrebbe violato le leggi a protezione dei consumatori.

Secondo l’azione legale collettiva, Sony avrebbe “mancato di seguire i protocolli standard del settore per salvaguardare le informazioni personali e finanziarie dei propri clienti, creando, in questo modo, un danno prevedibile agli utenti ricorsi in giudizio”. Nelle motivazioni della sentenza si sostiene che i ricorrenti abbiano fallito nel dimostrare chiaramente le eventuali perdite economiche prodotte dall’attacco informatico , appellandosi, dunque, alla sola accusa di negligenza nei confronti di Sony. Nessuno dei querelanti avrebbe sottoscritto l’abbonamento premium a PSN, ricevendo, dunque, un servizio gratuito da parte della piattaforma videoludica.

In merito alle accuse circa le false informazioni sul sistema di sicurezza che il network avrebbe fornito, il giudice ha chiarito che tutti gli utenti avevano deliberatamente sottoscritto le norme sulla privacy formulate da Sony, incluso “un chiaro avviso circa la mancanza di perfezione nella sicurezza”, motivo sufficiente per stabilire che “nessun consumatore ragionevole avrebbe potuto sentirsi ingannato”.

Anche l’accusa relativa alla conservazione dei dati è stata respinta dal momento che, sostiene la corte, i ricorrenti avrebbero ammesso chiaramente che il furto dei dati personali è stato il risultato di un attacco informatico al quale Sony si è dimostrata del tutto estranea. Gli avvocati hanno tempo fino al 9 novembre per riformulare le ragioni degli utenti, anche se, come notano gli osservatori, la sentenza della corte distrettuale ha sostanzialmente smontato le argomentazioni salienti dell’impianto accusatorio.

Cristina Sciannamblo

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Pubblicato il 24 ott 2012
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