Profilazione, darsi delle regole non basta

Profilazione, darsi delle regole non basta

I gruppi in difesa della privacy invocano l'intervento del governo. Solo la legge potrebbe dare una regolata al behavioral advertising e al libero agire delle aziende di settore
I gruppi in difesa della privacy invocano l'intervento del governo. Solo la legge potrebbe dare una regolata al behavioral advertising e al libero agire delle aziende di settore

Le associazioni professionali dell’advertising avevano provato a darsi delle regole , stilando sette principi guida da seguire in relazione alla discussa pratica del behavioral advertising . Ma per Electronic Frontier Foundation e altri 9 gruppi attivamente impegnati nella difesa della privacy l’autoregolamentazione rappresenta tuttalpiù una foglia di fico su interessi che vanno imbrigliati in maniera più stringente, con un intervento legislativo diretto da parte di Washington.

La nuova azione lobbistica dei gruppi pro-privacy alza il tiro nel confronto continuo tra chi alternativamente identifica l’advertising profilato come il male supremo o una ghiotta opportunità di business per aziende e utenti. “Tracciare ogni mossa online è un’invasione della privacy”, dicono EFF e le altre organizzazioni nel prontuario legislativo inviato alla Commissione della Camera su Energia e Commercio e ad altre due sottocommissioni, dicendo che dover subire un tracking onnipresente “è come essere seguiti da un persecutore invisibile – gli individui non sono consapevoli di quello che sta accadendo, chi li sta tracciando, e come verranno usate le informazioni raccolte”.

Nel presentare l’iniziativa, EFF evidenzia la crescente disponibilità di informazioni sensibili nei grassi database delle aziende come Omniture , DoubleClick (in Google) e AdBrite che vivono di advertising e hanno una possibilità sempre maggiore di integrare le informazioni raccolte online con quelle archiviate offline per creare profili dettagliati sulla base dei quali ritagliare gli ad da proporre ai singoli utenti.

Si tratta di dati raccolti e accumulati facendo leva sul crescente proiettarsi online della vita dei cittadini (statunitensi, ma anche no), situazione che offre ai gestori degli spazi pubblicitari un vasto patrimonio di informazioni personali, finanziarie e di altro tipo. Non meno pericolosa, dice EFF, è la raccolta di dati da parte del governo USA (ma anche no), che sovente si rivolgerebbe ai privati per racimolare informazioni sui cittadini comuni.

I dati disponibili online aumentano a un ritmo vertiginoso, i tentativi di mettere a frutto tale messe di bit (idealmente privati) altrettanto ed è quindi necessario promulgare leggi adeguate ai tempi per proteggere i consumatori: le raccomandazioni della nuova coalizione anti-profiling includono il divieto tassativo di raccogliere informazioni sensibili a scopi di advertising, la cancellazione dei dati entro 24 ore a meno che l’utente non decida altrimenti con apposita procedura di opt-in , l’inaccessibilità alle informazioni registrate da parte di coloro che gestiscono il denaro, l’impiego o i piani di assicurazione degli utenti, il divieto di profilare i ragazzi al di sotto dei 18 anni di età e l’obbligo da parte delle aziende di informare in maniera adeguata e circostanziata i netizen sullo scopo della raccolta di dati online.

L’idea base dell’iniziativa, spiega il direttore esecutivo di World Privacy Forum Pam Dixon, è che “i consumatori siano capaci di avvantaggiarsi di tutte le nuove tecnologie senza che tali tecnologie si avvantaggino dei consumatori”. Si tratta di ristabilire un equilibro tra esigenze contrapposte, continua Dixon, perché “al momento, tale equilibrio non è presente”.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 3 set 2009
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