Puntodivista/ La nuova PA italiana

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Banda larga, servizi online, VoIP e via libera all'open source. Il presidente CNIPA racconta a Punto Informatico cosa ci si potrà attendere presto dalla Pubblica Amministrazione italiana - a cura di Luca Spinelli
Banda larga, servizi online, VoIP e via libera all'open source. Il presidente CNIPA racconta a Punto Informatico cosa ci si potrà attendere presto dalla Pubblica Amministrazione italiana - a cura di Luca Spinelli

Per la Pubblica Amministrazione italiana si prospetta un futuro tecnologicamente roseo, o almeno così pensano in molti. La notizia più ghiotta è stata annunciata in questi giorni: tutta la P.A. disporrà della banda larga entro il 2007, ed è in fase molto avanzata il Sistema Pubblico di Connettività (SPC). Se pensiamo che poco più di un anno fa la copertura della banda larga nei comuni nostrani era solamente del 32,1%, c’è materiale per convincere anche i pessimisti più irriducibili. Un impulso tecnologico che molti attendevano da tempo.

Si tratta di un progetto complesso articolato in più fasi. Per capirne meglio la struttura ne parliamo direttamente con Livio Zoffoli , presidente del Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione ( CNIPA ) con alle spalle vent’anni di Banca d’Italia.

Punto Informatico: Presidente Zoffoli, ci descriva il Sistema Pubblico di Connettività e Cooperazione al varo, è parecchio tempo che il CNIPA e le istituzioni vi stanno lavorando.
Livio Zoffoli: Occorre distinguere due fasi del progetto SPC. La fase della individuazione dei contenuti e della condivisione con Amministrazioni, Università e ricerca, associazioni di categoria e mondo delle imprese; e la fase dell’esecuzione, che prevede l’avvio delle gare, la loro aggiudicazione, la messa in servizio dei sistemi.

PI: Come si sono sviluppate?
LZ: La prima fase ha avuto inizio nel 2003 ed ha coinvolto 150 persone per sei mesi per i sistemi di telecomunicazione; per l’interoperabilità e la cooperazione applicativa, ha avuto inizio nel 2004 ed ha coinvolto altri 120 soggetti per sei mesi.
Fra la prima e la seconda fase si è predisposto il quadro normativo, legislativo e regolamentare, che oggi è contenuto nel Codice dell’Amministrazione Digitale .
La seconda fase attuativa ha consentito nell’arco di due anni di avviare 5 gare europee, alle quali hanno partecipato ben 80 aziende leader dell’ICT.
Ricordo che l’SPC ha molte componenti:
1) la rete internazionale della PA (RIPA);
2) la rete nazionale della PA (SPC per la connettività ed il trasporto);
3) il centro di Gestione e il Nodo VoiP;
4) le strutture di interoperabilità (messaggistica, gestione di siti Web, sicurezza);
5) le strutture di cooperazione applicativa.
Si costituisce così un sistema ICT della PA che comprende le Amministrazioni Pubbliche centrali e territoriali in un unico progetto condiviso.

PI: Ma quali sono i tempi per la realizzazione di tutto ciò?
LZ: La rete internazionale della Pubblica amministrazione (Ripa) è ormai completata e collega più di 400 sedi in 120 Paesi del mondo.
La rete nazionale multifornitore, che subentrerà alla Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione (Rupa), è in corso di realizzazione e prevediamo il completamento nel corso del 2007 con il relativo centro di gestione ed il nodo VoIP.
Le strutture di interoperabilità e di cooperazione si realizzeranno entro il 2007, consentendo così l’avvio di applicazioni cooperative già a partire da quest’anno. Ricordo che i progetti hanno contratti quinquennali: oggi si costruiscono le infrastrutture dell’ICT della PA sino al 2012.

PI: Per la connettività? Vi affiderete prevalentemente a Fastweb che si è aggiudicata la gara ?
LZ: La connettività viene realizzata da quattro operatori nazionali: Fastweb, BT Italia, Wind e Telecom Italia e da una società consortile fra i quattro operatori, la “QXN”. La connettività internazionale è invece realizzata da EDS/BT. A questi operatori potranno aggiungersene altri qualificati dalle Regioni per le Reti territoriali, che si integreranno in un unico sistema.

PI: Come si colloca l’open source nel quadro generale del progetto?
LZ: L’open source trova fondamento in un libero accordo tra soggetti uniti da esigenze simili da soddisfare, finalizzato ad organizzarsi per produrre e gestire con modalità trasparenti software a codice aperto, modificabile ed adattabile agli effettivi bisogni di ciascun utente. Sotto questo profilo (collaborazione tra più soggetti, libera discussione su tavoli comuni, condivisione degli obiettivi, sviluppo cooperativo e gestione unitaria del progetto) si può riconoscere una stretta similitudine tra SPC ed open source.

Questa domanda mi permette inoltre alcune considerazioni. Ritengo che l’open source possa fornire un interessante contributo all’avvio delle funzioni più avanzate di interoperabilità e di cooperazione applicativa nell’ambito del SPC. Tale avvio infatti, potrà essere agevolato dalla disponibilità per le PA di software libero per alcune attività di base, software che sia qualificato ed aderente a standard aperti.
In questa direzione il CNIPA ha pubblicato le specifiche tecniche per l’interoperabilità fra i servizi applicativi SPC e sta conducendo attività sperimentali per verificare l’idoneità del software open source per lo sviluppo di alcune componenti nodali nell’ambito dell’architettura di cooperazione del SPC.
Ritengo inoltre che l’orientamento ad acquisire servizi, perseguito dal CNIPA nelle gare SPC per garantire alle PA sia maggiore efficienza a costi competitivi sia maggiore omogeneità nelle soluzioni tecniche adottate, potrà essere apprezzato dai fornitori di mercato, che potrebbero trovare nel nuovo modello di business motivi di convenienza nell’uso di open source.

PI: In uno scenario simile, quali sono i principali vantaggi per la PA?
LZ: I vantaggi principali dell’SPC derivano da un progetto integrato e condiviso da tutte le PA. Non vi sono duplicazioni e sovrapposizioni e, quindi, sprechi di investimenti. Si riescono ad ottenere i migliori rapporti di costi/prestazioni sul mercato. Si avviano progetti innovativi come la voce su protocollo internet (VoIP), la videoconferenza, la sicurezza, l’inserimento di tecnologie wireless e sistemi di cooperazione applicativa.

PI: E per il cittadino?
LZ: Le infrastrutture condivise sono il supporto per garantire la cooperazione fra i sistemi informativi di tutta la PA. Così il cittadino non dovrà fornire più volte le proprie generalità e i propri dati per sbrigare una pratica con diversi enti, ma sarà cura delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) della PA cooperare garantendo al cittadino un unico punto di contatto anche per processi amministrativi che interessano diverse amministrazioni. Sarà così un obiettivo raggiungibile effettuare il maggior numero di interazioni on line con lo Stato senza doversi recare agli sportelli della PA.

PI: Quali sono stati – o sono tuttora – i veri ostacoli alla diffusione della tecnologia nella nostra PA?
LZ: In passato gli ostacoli ad una efficace e capillare diffusione della tecnologia sono stati molteplici. Tra essi la scarsità di risorse con adeguate competenze, per le attività di pianificazione strategica, progettazione di massima e controllo della attuazione; la progressiva riduzione delle risorse finanziarie, in larga parte assorbite dagli elevati oneri di gestione dei sistemi informativi tradizionali; i tempi lunghi per il processo di approvvigionamento; l’immaturità di alcune tecnologie abilitanti; i condizionamenti derivanti da un quadro normativo non adeguato ai nuovi scenari resi possibili dalla innovazione tecnologica.

PI: Ed oggi?
LZ: Oggi alcuni di questi problemi sono superati ed altri, pur permanendo, hanno minore impatto. Il quadro normativo, infatti, si è sostanzialmente adeguato ai nuovi scenari e addirittura è diventato strumento propulsivo della diffusione dell’innovazione. Importanti azioni di formazione manageriale ed operativa hanno interessato e continuano ad interessare la PA. Le tecnologie sono mature, e sono disponibili tutte le componenti di base necessarie ad una reale ed efficace innovazione (posta elettronica certificata, firma digitale, funzioni di trasporto e servizio dell’SPC ecc.). I costi della comunicazione, delle infrastrutture e dei prodotti applicativi si sono significativamente ridotti grazie ad azioni organiche ed incisive attivate già da alcuni anni (contratti quadro, pareri, osservatorio dei prezzi). Inoltre – e non è marginale – la logica degli shared services o servizi ASP, ormai operativa per protocollo e gestione documentale ed in via di estensione ad altri importanti tipologie di processi, consente di fruire di servizi informatici di elevata qualità a costi estremamente ridotti ed in tempi molto brevi.

A questo punto direi che il problema più grosso è la cultura dell’individualismo, che si evidenzia e impatta sotto vari aspetti:
– Nella fase di definizione degli interventi, quando troppo spesso non si realizza la necessaria collaborazione fra le competenze amministrative e quelle informatiche, determinando pesanti effetti sull’efficacia del risultato finale.
– Nella disponibilità, in assenza di norme cogenti, a fruire di servizi comuni piuttosto che attivare lunghi ed onerosi processi autonomi.
– Nella volontà di cooperare per rendere più efficienti i processi interni e soprattutto, semplificare il rapporto con cittadini ed imprese, riducendo il peso degli oneri amministrativi di cui tanto si lamenta il nostro sistema produttivo, piuttosto che attivare processi di erogazione di servizi on line strettamente verticali che riproducono gli approcci tradizionali.
Oggi le parole chiave per una rapida ed efficace diffusione dell’innovazione nella PA sono: “condivisione” e “cooperazione”. Ma per renderle concrete bisogna combattere la cultura dell’individualismo con tutte le leve disponibili, formative, normative e motivazionali.

PI: La “Legge Stanca” si poneva l’ambizioso e lodevole intento di agevolare l’accesso alle tecnologie informatiche e alla Rete anche agli utenti affetti da disabilità. Facendo un bilancio, a tre anni dalla sua approvazione, ha inciso realmente?
LZ: Quasi tutte le amministrazioni pubbliche hanno preso a cuore il problema dell’accessibilità, ma poche hanno realizzato al 100% gli obiettivi stabiliti dalla Legge. Va però rilevato che, se il processo di adeguamento è lento, si sta andando nella direzione giusta. Sicuramente, oggi più di ieri, servizi e informazioni sono fruibili senza discriminazioni anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari.
La leva su cui occorre, comunque, agire è la creazione di una cultura dell’inclusione. A tal fine, la formazione – attività in cui il CNIPA è impegnato – diventa uno strumento indispensabile: perché attraverso la conoscenza effettiva delle problematiche dell’accessibilità, dei requisiti tecnici previsti dalla Legge e delle possibili soluzioni, se ne favorisce il consolidamento e la diffusione.

A cura di Luca Spinelli

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Pubblicato il 29 mar 2007
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