Recesso dai servizi TLC? Niente Bersani per le PMI

Recesso dai servizi TLC? Niente Bersani per le PMI

di Fulvio Sarzana di S.Ippolito (lidis.it) - Perché le piccole e medie imprese non si possono avvalere delle norme sul recesso anticipato previste dal Decreto Bersani, come vorrebbe invece l'Autorità TLC
di Fulvio Sarzana di S.Ippolito (lidis.it) - Perché le piccole e medie imprese non si possono avvalere delle norme sul recesso anticipato previste dal Decreto Bersani, come vorrebbe invece l'Autorità TLC

Roma – Prendo spunto dall’ articolo di Dario Bonacina su Punto Informatico in materia di Penali sul recesso, l’Authority TLC grazia le PMI? per fare il punto sulla tutela delle piccole e medie imprese nel settore dei servizi di comunicazione elettronica. L’articolo, sulla scorta di alcune pronunce dell’AGCOM, si pone il problema dell’applicazione delle disposizioni della Legge Bersani sulle penali e il recesso anticipato previste per il consumatore nei contratti con gli operatori di TLC anche alle piccole e medie imprese.

L’estensione alle piccole e medie imprese della norma sul recesso anticipato passa necessariamente per la definizione normativa italiana ed europea di consumatore. In Italia, a norma dell’art. 3, lett. a) del Codice del consumo, si intende per consumatore o utente “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”. La definizione normativa peraltro sembra chiara nell’escludere dalla tutela offerta al consumatore anche un ente, sia esso o meno una persona giuridica dotata di autonomia patrimoniale.

Per la giurisprudenza, sia per quella formatasi sulle disposizioni del Codice Civile sia per quella successiva, così come nella giurisprudenza della Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi su questioni relative al Codice del consumo, consumatore è soltanto la persona fisica con esclusione, quindi, non solo delle società, ma anche di altri enti collettivi privi di finalità di lucro, quali associazioni, comitati, fondazioni e cooperative.

La scelta è stata fatta a livello comunitario e viene confermata puntualmente dalle corti europee che interpretano in maniera molto formalistica la nozione di consumatore, non senza perplessità ed accesi dibattiti, sia in sede europea che in quella parlamentare; perplessità e dibattiti che hanno continuato a trovare echi in dottrina e in molte pronunce giurisprudenziali.

E così accade spesso che se una piccola azienda (o un professionista) compra del software via internet da un sito di commercio elettronico estero e la merce presenta qualche difetto, la stessa società non si possa avvalere delle tutele previste per il consumatore oppure la piccola impresa acquisti da un operatore di TLC (come nel caso di specie) un’utenza business e non si possa avvalere poi della disciplina sull’assenza di costi in caso di recesso anticipato.

Orbene l’Autorità, mossa dal lodevole intento di tutelare anche le parti professionali più deboli, ha deciso di emettere dei provvedimenti amministrativi a tutela delle PMI cercando in via amministrativa di far rientrare dalla finestra quello che è stato escluso dalla porta principale della normativa. È questo l’intento che ha mosso tutti i ricorrenti delle corti Italiane e Europee ed è un intento che si è sempre scontrato con tutte le pronunce.

Purtroppo l’interpretazione che ne fornisce l’Autorità si scontra con i poteri attribuiti all’Autorità dalle norme e con lo stesso dettato normativo. Infatti:

1) L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per espresso disposto della legge Bersani, ha un potere di vigilanza e controllo sull’applicazione del decreto a tutela dei consumatori e la possibilità di emettere linee guida in materia, non certo il potere di modificare la disciplina e la nozione di “consumatore” estendendo o limitando il campo di applicazione delle norme a seconda dei gusti o delle tendenze dell’opinione pubblica (in questo caso perfettamente fondati).

Nel nostro ordinamento non esiste questa funzione creatrice di diritto che esiste nei paesi anglosassoni, e il continuo inserimento nel nostro ordinamento (come è accaduto con la legge Bersani) di istituti e prassi estranee alla disciplina contrattuale originaria non giova alla figura stessa del consumatore, quanto meno a quell’area grigia di piccole e medie imprese o di professionisti e studi professionali che si illudono di poter contare sulle tutele previste per il consumatore quando poi la giurisprudenza, puntualmente, fa tornare tutti ai blocchi di partenza.

L’AGCOM insomma non si può né sostituire al Legislatore ordinario né può fornire un’interpretazione autentica delle norme, che semmai spetterebbe solo alla Corte Costituzionale.

2) Secondo alcune associazioni di consumatori la circostanza che la norma faccia riferimento ai contratti per adesione dovrebbe portare ad includere nell’ambito di tutela del recesso anticipato e dell’assenza di penali anche le piccole e medie imprese e l’intervento dell’autorità avallerebbe questa interpretazione, ma basta la semplice lettura del titolo della norma “Misure urgenti per la tutela dei consumatori” e dello stesso articolo 1, citato dalle associazioni di consumatori denominato “MISURE URGENTI PER LA TUTELA DEI CONSUMATORI” per capire qual era (e qual è) l’intento del legislatore che altrimenti avrebbe chiamato la norma “misure urgenti a favore dell’utenza professionale e non”.

La presenza poi di un comma relativo ai contratti per adesione nel contesto di una norma diretta alla tutela del consumatore non può, a parere di chi scrive, trasformarsi per “volontà popolare” in una norma applicabile a tutti, anche perché non si capirebbe perché le norme che escludono i costi di ricarica si debbano applicare solo ai consumatori mentre quelle relative al recesso anticipato ed alle penali invece si debbano applicare a tutti.

3) Ha quindi ragione il segretario dell’AIIP nell’escludere che l’Autorità abbia un potere di interpretazione delle norme in grado di estendere la tutela del consumatore alle piccole e medie imprese e, tuttavia, se l’Associazione degli operatori è veramente convinta di tale interpretazione dovrebbe agire impugnando le linee guida dell’Authority e non dovrebbe confidare opportunisticamente in un successivo intervento dei giudici ordinari che potrebbe anche mancare.

avv. Fulvio Sarzana di S.Ippolito
Studio Legale Sarzana e Associati
www.lidis.it

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Pubblicato il 9 set 2008
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