Safari Workaround: in UK la spunta Google

Safari Workaround: in UK la spunta Google

Un giudice dell'Alta Corte di Giustizia britannica si pronuncia in favore del gruppo di Mountain View sulle accuse mosse dal gruppo Google You Owe Us.
Safari Workaround: in UK la spunta Google
Un giudice dell'Alta Corte di Giustizia britannica si pronuncia in favore del gruppo di Mountain View sulle accuse mosse dal gruppo Google You Owe Us.

Proprio nei giorni in cui Google porta il suo nuovo Centro per la Sicurezza Online nel territorio europeo e manda in pensione la versione consumer del social network G+ confermando una grave vulnerabilità che ha interessato la piattaforma per lungo tempo, un giudice UK si pronuncia in favore del gruppo di Mountain View allontanando per l’azienda il rischio di dover sborsare miliardi di sterline.

Il Safari Workaround

La vicenda è quella riconducibile al cosiddetto Safari Workaround, una pratica attuata da bigG tra l’agosto 2011 e il febbraio 2012 che ha permesso di raccogliere (tramite cookie) alcune informazioni relative agli utenti iPhone passando dal browser di casa Apple, senza la loro autorizzazione e nonostante questi avessero attivato l’opzione Do Not Track dell’app. Si parla di dati riguardanti l’orientamento politico e sessuale, le abitudini di acquisto, la situazione finanziaria, la salute e la geolocalizzazione.

Un comportamento denunciato dal gruppo Google You Owe Us guidato da Richard Lloyd (ex Which?) e sottoposto all’attenzione della giustizia britannica con una representative action discussa in una prima udienza nel maggio scorso. Una sorta di class action che consente a un team legale di rappresentare un gran numero di assistiti senza dover ottenere esplicitamente l’incarico da ogni individuo.

3,2 miliardi di sterline

Una causa che avrebbe potuto tradursi in un maxi risarcimento da 3,2 miliardi di sterline (circa 3,6 miliardi di euro), ma che con la decisione annunciata nella giornata di ieri a Londra dal giudice Warby si è dissolta in un nulla di fatto. La dichiarazione di Lloyd affidata a un comunicato esprime tutto il suo disappunto.

La decisione di oggi è estremamente deludente e lascia milioni di utenti senza alcun mezzo pratico per ottenere un risarcimento in seguito all’abuso dei loro dati personali. Le persone stanno solo ora iniziando a comprendere le implicazioni derivanti dal perdere il controllo delle informazioni. Impedire l’accesso a un risarcimento mette a rischio l’utenza britannica e suggerisce alle grandi aziende tecnologiche che possono continuare a trattare i nostri dati in modo irresponsabile.

La posizione di Google

Di opinione ovviamente opposta Google, che commentando la decisione del giudice esprime soddisfazione e sottolinea il proprio impegno finalizzato a tutelare la sicurezza degli utenti.

La privacy e la sicurezza dei nostri utenti sono estremamente importanti per noi. Questo reclamo non ha alcun fondamento e siamo felici che la corte l’abbia respinto.

Si ricorda che negli Stati Uniti la vicenda ha portato a un esito differente. Nel 2012 la Federal Trade Commission ha siglato un accordo da 22,5 milioni di dollari con il gruppo di Mountain View al fine di chiudere la diatriba, focalizzata sull’aver aggirato le impostazioni di Safari al fine di mostrare inserzioni pubblicitarie personalizzate. In UK il giudice Warby ha riconosciuto la mancata correttezza della pratica condotta da Google, mettendo però in luce come non vi siano prove concrete di un danno causato agli utenti e come sia pressoché impossibile stabilire con precisione quanti siano stati interessati dalla raccolta dei dati.

Il danno subito e il risarcimento ottenibile da ogni persona rappresentata sono in ogni caso modesti. I maggiori beneficiari di un ipotetico compenso alla fine di questa disputa sarebbero di gran lunga i suoi fondatori e i suoi legali.

Fonte: The Guardian
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Pubblicato il
9 ott 2018
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