Seoul: curiamo noi i dipendenti da Internet

Seoul: curiamo noi i dipendenti da Internet

Aperto il primo campo di riabilitazione statale della Corea del Sud. Allenamento paramilitare e due settimane di vita frugale offline: è il governo a prendersi cura dei tossici digitali
Aperto il primo campo di riabilitazione statale della Corea del Sud. Allenamento paramilitare e due settimane di vita frugale offline: è il governo a prendersi cura dei tossici digitali

Mokcheon (Corea del Sud) – “Non ho alcun problema – ha dichiarato il 15enne Lee Chang-hoon – diciassette ore online vanno più che bene”. Aggressivo, nega il problema che lo sta allontanando da amici, famiglia e attività scolastiche: questo il suo atteggiamento prima di raggiungere il campo di riabilitazione statale per dipendenti da Internet, immerso nelle foreste che circondano Seoul.

Obiettivo degli istruttori? Ridurre l’impatto che Internet ha sulla sua vita, fargli riscoprire i rapporti umani non mediati dalla tecnologia, aiutarlo a condurre una vita meno sedentaria facendogli apprezzare il piacere di trascorrere il tempo all’aria aperta. I metodi? Dodici giorni di attività fisica a ritmi serrati riproposta in chiave ludica, disciplina da caserma, rieducazione alla socialità e divieto assoluto di abusare delle tecnologie che riempiono la vita dei giovani sudcoreani.

“La cosa più importante è fornire ai ragazzi un’esperienza della vita senza Internet: i giovani coreani non sanno cosa sia “, ha spiegato al New York Times un istruttore del primo centro di riabilitazione istituito dal governo sudcoreano.

L’identikit del disintossicando? Maschio e minore di diciotto anni. Il 30 per cento dei ragazzi sudcoreani, quasi due milioni e mezzo di individui, rischia l’intossicazione da Internet. Un problema che, in un paese innervato dalla connettività , dove il 93 per cento dei cittadini possiede un computer, è assurto a questione di stato .

Se a lungo si è dibattuto sul fronte della Internet addiction , se gli Stati Uniti hanno iniziato a considerare l’uso smodato e compulsivo di Internet una malattia, la Corea del Sud è lo stato che per primo ha assistito alla manifestazione massiccia dei sintomi di questa dipendenza ed è fra i primi ad indagarla . È stato il governo a impugnare le redini della situazione e a mettere in atto le contromisure per fronteggiare le problematiche che affliggono la generazione di nativi digitali.

Si è iniziato con l’assistenza presso gli istituti scolastici, si è proseguito con una rete di consultori. Sono sempre più numerosi, però, hanno spiegato i funzionari del ministero della Comunicazione locale e del KADO ( Korean Agency for Digital Opportunity & Promotion ), i ragazzi che riscontrano problemi di vista e disturbi del sonno, senza riuscire a controllare o limitare le abitudini alle sessioni online; sono sempre più coloro che assumono comportamenti aggressivi nei confronti delle famiglie che tentano di convincerli ad abbandonare schermo e tastiera per assolvere alle incombenze scolastiche e casalinghe o ad accantonare per qualche ora le fascinazioni dei MMORPG per frequentare amici e compagni. Per questo motivo si è ritenuto che i 140 consultori e gli psicologi a disposizione nelle scuole e presso gli ospedali non potessero bastare. Si è quindi sviluppato un sistema di classificazione per valutare la serietà della dipendenza, e si sono spediti i casi più gravi nel campo di riabilitazione di Mokcheon.

A differenza di quanto avviene nei campi di cura cinesi , altro paese che sta tentando di confrontarsi con la dipendenza da Internet, tutto è completamente gratuito per le famiglie; i ragazzi sono sottoposti a sfiancanti gimkane e ai controlli degli inflessibili istruttori, ma in nessun modo vengono imbottiti di antidepressivi o bombardati con stimolazioni elettriche.

I risultati? Il 15enne Lee Chang-hoon ha lasciato il campo più che soddisfatto: i dodici giorni di cura gli sono serviti ad allentare il legame che lo avvinceva al suo avatar, che lo attende ansante imbracciando un fucile nel mondo online di Sudden Attack : “D’ora in poi cinque ore online mi potrebbero bastare”.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 19 nov 2007
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