Spotify è troppo curioso?

Spotify è troppo curioso?

Le nuove impostazioni di privacy del servizio di streaming musicale rischiano di prendersi troppe libertà. Interviene il CEO per chiarire le buone intenzioni della società
Le nuove impostazioni di privacy del servizio di streaming musicale rischiano di prendersi troppe libertà. Interviene il CEO per chiarire le buone intenzioni della società

Spotify ha messo mano alla sua licenza d’uso, ma quello che ne è uscito fuori (per il momento solo per la versione britannica) ha sollevato diverse critiche. A preoccupare osservatori ed utenti è la sezione 3 delle nuove policy di utilizzo, intitolata “Information we collect”, in cui la piattaforma spiega modalità e condizioni alle quali si riserva di accedere e di utilizzare i dati caricati dagli utenti .

In particolare Spotify dichiara di poter raccogliere informazioni contenute nei dispositivi mobile su cui è installata la relativa app , tra cui contatti foto e file multimediali, ma anche – con determinate impostazioni – dati geolocalizzati ed informazioni come quelle necessarie a stabilire se l’utente sta camminando, correndo o è in auto. Quest’ultimo tipo di informazione può essere considerato interessante per i servizi che Spotify intende ora offrire, per esempio per generare tracklist specifiche per chi corre, chi cammina ecc.

Come spiega la stessa Spotify rispondendo a Forbes : “Stiamo costantemente innovando e sviluppando servizi per offrire la migliore esperienza possibile ai nostri utenti. E questo significa anche fornire i consigli perfetti per ogni momento della giornata, per aiutare a divertirsi, scoprire e condividere sempre più musica”. Per questo “i dati cui abbiamo accesso ci servono semplicemente a ritagliare esperienza migliori per i nostri utenti e costruire servizi nuovi e personalizzati”.

Inoltre, Spotify specifica di prevedere la possibilità di impostare il proprio account in modo tale da non concedere l’accesso a determinate informazioni: una soluzione, tuttavia, ex-post.

Altri accessi ad informazioni personali – pur essendo in ogni caso condizionati al permesso da parte dell’utente – sembrano inoltre assolutamente meno giustificabili rispetto all’utilità da parte di Spotify: tuttavia nella parte della licenza intitolata “Marketing and advertising”, il servizi afferma che le informazioni raccolte sugli utenti possono essere condivise con i partner commerciali, naturalmente anonimizzate. Una condizione, precisa la società , indispensabile per chi abbia sottoscritto il proprio piano premium di Spotify attraverso il proprio operatore telefonico.

Le nuove policy di privacy appaiono poi ancora più preoccupanti considerando che Spotify può essere integrata con app di sviluppatori terzi (come Facebook) e quindi potrebbe accedere (riservandosi tale facoltà attraverso la licenza d’uso) anche alle informazioni ottenute tramite di essa, come potrebbero essere – nel caso del socia network in blu – i like messi ad un post. Ma si tratta di un’autentica minaccia o di un eccesso di allarmismo ?

Tramite il proprio CEO, Daniel Ek, l’azienda che si occupa di streaming musicale ha provato a gettare acqua sul fuoco: “Avremmo dovuto far eun lavoro migliore nel comunicare cosa queste policy significhino e come le informazioni che scegliete di condividere, o non condividere, vengono utilizzate” ha scritto sul blog ufficiale di Spotify . In ogni caso, ha precisato Ek , l’app chiederà espressamente e chiaramente accesso alle diverse informazioni di cui potrebbe avere bisogno per garantire agli utenti di scegliere liberamente.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
24 ago 2015
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