Lo Studio Ghibli dichiara guerra a OpenAI, Miyazaki è disgustato

Lo Studio Ghibli dichiara guerra a OpenAI, Miyazaki è disgustato

Lo Studio Ghibli chiede a OpenAI di smettere di usare opere protette da copyright per addestrare ChatGPT e Sora senza permesso.
Lo Studio Ghibli dichiara guerra a OpenAI, Miyazaki è disgustato
Lo Studio Ghibli chiede a OpenAI di smettere di usare opere protette da copyright per addestrare ChatGPT e Sora senza permesso.

Ci sono cose che l’intelligenza artificiale può fare benissimo: rispondere a domande, scrivere codice, persino creare immagini che sembrano quasi vere. E poi ci sono cose che l’AI non dovrebbe proprio toccare, come le opere d’arte di uno degli studi di animazione più venerati al mondo. Ma OpenAI ha deciso che il copyright è più un suggerimento che una regola, e ora lo Studio Ghibli, insieme ad altri editori giapponesi, ha detto basta.

Lo Studio Ghibli chiede a OpenAI di fermare l’addestramento senza consenso

La settimana scorsa, l’Associazione giapponese per la distribuzione dei contenuti all’estero (CODA) ha scritto una lettera a OpenAI chiedendo con fermezza di smettere di addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale sui contenuti protetti da copyright dei suoi membri, senza alcuna autorizzazione.

Il problema è esploso a marzo, quando OpenAI ha rilasciato il generatore di immagini nativo di ChatGPT. All’improvviso è diventata una moda virale. La gente chiedeva all’AI di trasformare i propri selfie e le foto dei propri gatti nello stile dei film dello Studio Ghibli. Boom. Milioni di immagini che sembravano uscite da “La città incantata” o “Il mio vicino Totoro”, generate in pochi secondi da un algoritmo che aveva ingurgitato il lavoro di decenni senza chiedere il permesso a nessuno.

Persino Sam Altman, CEO di OpenAI, ha cambiato la sua foto profilo su X con una versione “ghiblificata” di se stesso. Eclatante. Il capo dell’azienda che saccheggia lo stile di uno studio leggendario usa quel bottino come immagine del profilo… È come rubare un dipinto e poi appenderlo nel proprio ufficio con orgoglio.

Sora, il generatore di video che ha fatto traboccare il vaso

Se il generatore di immagini aveva già fatto arrabbiare gli artisti di mezzo mondo, l’arrivo di Sora, il generatore di video di OpenAI, ha trasformato la rabbia in furia. Ora non si parla più solo di immagini statiche, ma di video completi che possono replicare lo stile di film interi, personaggi protetti da copyright e persino celebrità decedute.

Nintendo ha protestato. Gli eredi del Dr. Martin Luther King Jr. hanno protestato. E ora anche lo Studio Ghibli e gli altri membri di CODA si sono uniti al coro. Perché è troppo facile, su Sora, generare deepfake di figure iconiche, riprodurre personaggi protetti da copyright e creare contenuti che sembrano ufficiali ma non lo sono affatto.

E OpenAI?…

L’approccio di OpenAI alla gestione del copyright è, onestamente, discutibile. prima fa, poi vede che succede. Addestra i suoi modelli su milioni di opere protette senza autorizzazione, lancia il prodotto, diventa ricchissimo, e se qualcuno si lamenta… beh, allora magari ci pensa.

È una strategia che ha funzionato abbastanza bene finora, perché le leggi sul copyright negli Stati Uniti sono ferme al 1976, quando l’intelligenza artificiale era fantascienza e Internet non esisteva, e nessuno sa bene come applicarle. I giudici brancolano nel buio, cercando di interpretare leggi vecchie di quasi cinquant’anni per regolare tecnologie che allora erano inimmaginabili.

Una sentenza recente del giudice federale William Alsup ha stabilito che Anthropic non ha violato la legge addestrando la sua AI su libri protetti da copyright, anche se l’azienda è stata multata per averli piratati. Per la serie, “rubare va bene, ma attento a dove metti le mani“.

Il Giappone non ci sta

Ma CODA sostiene che in Giappone la musica è diversa. Secondo il sistema giapponese di copyright, per usare opere protette serve un’autorizzazione preventiva.

In casi come quello di Sora, in cui opere specifiche protette da copyright vengono riprodotte o generate in modo simile come output, CODA ritiene che l’atto di replica durante il processo di apprendimento automatico possa costituire una violazione del copyright ha scritto l’organizzazione nella lettera. In pratica è una violazione bella e buona.

Hayao Miyazaki: Sono assolutamente disgustato

Hayao Miyazaki, l’anima creativa dello Studio Ghibli e uno dei più grandi registi di animazione di sempre, non ha ancora commentato direttamente l’invasione dell’AI che clona le sue opere. Ma nel 2016, quando gli hanno mostrato un’animazione 3D generata dall’intelligenza artificiale, la sua reazione è stata inequivocabile.

Sono assolutamente disgustato, aveva detto. Non riesco a guardare questa roba e trovarla interessante. Sento fortemente che questo è un insulto alla vita stessa.

Parole pesanti… Miyazaki è uno che sceglie le parole con cura, e quelle parole dicono tutto. Per un uomo che ha passato decenni a creare film animati a mano, fotogramma per fotogramma, con un’attenzione maniacale ai dettagli e un rispetto quasi religioso per il processo creativo, vedere un algoritmo sputare fuori imitazioni del suo stile in pochi secondi deve essere come assistere alla profanazione di un tempio.

Cosa farà OpenAI?

Ora tocca a OpenAI decidere se rispettare la richiesta di CODA e dello Studio Ghibli. Possono farlo, certo. Possono rimuovere i contenuti protetti dal training dei loro modelli, implementare filtri più severi, pagare licenze. Ma lo faranno? La storia suggerisce di no. Perché dovrebbero? Le leggi americane sono vaghe, i tribunali non hanno ancora stabilito precedenti chiari, e nel frattempo OpenAI sta facendo soldi a palate.

Se CODA e gli altri vogliono ottenere qualcosa, probabilmente dovranno fare causa. E anche lì, il risultato è incerto. Nel frattempo, i video in stile Ghibli continuano a proliferare su Sora, i selfie “ghiblificati” affollano i social media. Tutto normale, tutto legale, tutto terribilmente sbagliato.

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
4 nov 2025
Link copiato negli appunti