SuVolta disintossica i microchip

SuVolta disintossica i microchip

La startup già nota alle cronache per una tecnologia di riduzione dei consumi nei microchip presenta un nuovo metodo di produzione dei suddetti, promettendo avanzamenti e legge di Moore anche per i dispositivi portatili
La startup già nota alle cronache per una tecnologia di riduzione dei consumi nei microchip presenta un nuovo metodo di produzione dei suddetti, promettendo avanzamenti e legge di Moore anche per i dispositivi portatili

L’azienda californiana SuVolta presenta una nuova tecnologia per microprocessori chiamata Deeply Depleted Channel ( DDC ), con l’obiettivo dichiarato di ridurre l’energia necessaria al funzionamento dei circuiti integrati permettendo nel contempo di continuare a miniaturizzare il processo produttivo aumentando le prestazioni anche nell’ambito dei dispositivi a basso consumo.

SuVolta è già nota per aver ideato PowerShrink , un meccanismo di riduzione del fabbisogno energetico dei microprocessori grazie alla minimizzazione della differenza tra i voltaggi necessari ad “accendere” e “spegnere” i transistor. DDC lavora in concomitanza con PowerShrink e ne massimizza gli effetti sulla riduzione del consumo energetico.

La nuova tecnologia è infatti un meccanismo applicabile alla tradizionale produzione di microchip in standard CMOS con cui vengono eliminati i materiali “dopanti” necessari a fornire proprietà conduttive al silicio, fornendo la possibilità di ridurre in maniera ancora più sensibile il processo produttivo (“scalabilità sotto i 20 nanometri”) e di avere un miglior flusso della corrente attraverso il transistor.

Stando a quanto sostiene il CTO di SuVolta Scott Thompson, la combinazione di tecnologie come DCC e PowerShrink ha un campo di applicazione ideale nei chip dei dispositivi mobile e ultra-portatili, un mercato in cui a suo dire la “legge di Moore” del raddoppio della potenza potrebbe presto non essere più applicabile senza un radicale cambiamento nei processi produttivi in merito al consumo energetico.

Per quanto riguarda i microprocessori per computer basati su standard x86, Thompson prevede che i 28 nm e i 20 nm saranno due nodi produttivi “dalla lunga durata” perché al di sotto sarà molto difficile andare. Fermo restando le promesse di Intel e le ricerche tuttora in corso sui chip 3D.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 9 dic 2011
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