Tracking digitale, per provare chi sei veramente

Tracking digitale, per provare chi sei veramente

Hasan Elahi è un artista che con il tracking ossessivo dei suoi spostamenti e la fotografia ha tentato di dare una risposta a chi parla di autenticità e identità nell'era digitale
Hasan Elahi è un artista che con il tracking ossessivo dei suoi spostamenti e la fotografia ha tentato di dare una risposta a chi parla di autenticità e identità nell'era digitale

New York – “Ve lo giuro, mi chiamo Hasan Elahi e non sono un terrorista. Sono di ritorno da un viaggio in Bangladesh, ma insegno regolarmente presso la Rutgers University. Guardate sul mio PDA, gli appuntamenti, le note…”. Nessuno crederebbe che questo momento di panico – vissuto realmente nel 2001 a pochi giorni dall’attacco alle Torri – abbia potuto generare arte e il desiderio di “auto-tracking”.

Eppure, a distanza di quasi sei anni da un ficcante e prolungato interrogatorio alla frontiera americana, il giovane assistente alla cattedra di Visual Art della Rutgers ha elaborato Tracking Transience: The Orwell Project “. Una mostra che presso il Civilian Art Projects di Washington sta riscuotendo successo e visibilità – grazie anche ad una recensione positiva apparsa sul Washington Post .

Hasan Elahi ha dovuto subire a lungo gli effetti collaterali degli spasmi legislativi della prima Amministrazione Bush. Interrogatori, macchina della verità, trattamento speciale insomma. Alla fine il tutto si è risolto per il meglio, se si escludono le conseguenze psicologiche e la paranoia. Vibrazioni negative che sono state sublimate con la decisione di buttarsi a capo fitto su un progetto ambizioso: tracciare se stessi costantemente, archiviare foto dei propri spostamenti e dei consumi alimentari, costruire una traccia digitale della propria esistenza .

Un percorso che ha trovato in una scheda GPS per cellulari e in una macchina fotografica digitale validi alleati di ventura. E così dal 2002 tutto è stato registrato su un portatile con dovizia di particolari, e poi pubblicato online sul sito trackingtransience . Online lo spazio è dedicato al tracking satellitare e alle collezioni di fotografie, che in maniera sistematica moltiplicano spazi, cibo e orinatoi anonimi.

Di primo acchito sembra l’opera di un ossessivo compulsivo, ma nell’esibizione museale entra in gioco il senso di dispersione. Ecco visualizzarsi di fronte ai visitatori un mondo fatto di coordinate spaziali, foto di oggetti simili ripetuti alla nausea, anonimi ambienti aeroportuali. Il tutto per tentare di dimostrare che Hasan Elahi è passato di lì.

E se qualcuno non crede alle foto pubblicate? Secondo Jessica Dawson del Washington Post il problema dell’autenticità delle immagini è vecchio come la storia della fotografia. “L’era digitale invita ad avere più dubbi. Ma c’è qualcosa che manca qui – un filo di prova che stabilisca l’artista come voce autorevole, anche se falsa”, ha scritto la giornalista. “Tracking Transience riguarda la possibilità di stabilire un’apparenza di fiducia, che si perde quando si mostra esitante”.

“Senza una reale documentazione che comprovi la verità dell’artista, Tracking Transience diventa un esercizio di solipsismo “, ha concluso Dawson. E quindi…? Favorisca i documenti, prego.

Dario d’Elia

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Pubblicato il 15 mag 2007
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