Colpevole per aver violato il fondamentale diritto alla libertà di espressione: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ( CEDU ) ha emesso una sentenza di condanna nei confronti della Turchia per aver bloccato l’accesso ai siti di Google.
In seguito a tale pronunciamento, il governo di Ankara dovrà provvedere al risarcimento dei danni non pecuniari, pari a 7500 euro, e alla copertura delle spese legali, per 1000 euro , nei confronti del ricorrente Ahmet Yıldırım, titolare del sito che, secondo le autorità turche, offendeva la memoria di Kemal Ataturk, considerato padre fondatore della Turchia.
Nel giugno 2009, la corte penale di Denizli aveva ordinato la chiusura del sito come misura preventiva nell’ambito di un procedimento legale intentato contro il responsabile dello spazio Web. Una decisione considerata inaccettabile dalla Corte di Strasburgo, secondo cui “gli effetti delle misure in questione sono stati arbitrari e il controllo giudiziario sul blocco del sito comunque non sufficiente per prevenire gli abusi. Il tribunale turco, infatti, oltre al blocco dell’accesso ai contenuti considerati illeciti, aveva disposto la chiusura in blocco di Google Sites , violando, secondo i giudici europei, l’ articolo 10 della Convenzione” che tutela la libera manifestazione del pensiero .
Il verdetto sottolinea la natura essenzialmente arbitraria del provvedimento messo in atto dalle autorità turche e, di conseguenza, la non ammissibilità delle misure disposte dai responsabili della giustizia nazionale circa la chiusura dei siti che fanno capo a Mountain View. L’indicazione di Strasburgo, dunque, invita a considerare con molta attenzione l’opportunità di qualsiasi forma di censura e, in ogni caso, a inquadrarla in una cornice giuridica circoscritta e ben definita.
Cristina Sciannamblo