UK, tutti contro le disconnessioni

UK, tutti contro le disconnessioni

L'avvento della dottrina Sarkozy all'inglese fatica a trovare consensi al di fuori di Westminister. Solo i discografici garantiscono appoggio incondizionato. Artisti, cittadini e provider rimangono scettici
L'avvento della dottrina Sarkozy all'inglese fatica a trovare consensi al di fuori di Westminister. Solo i discografici garantiscono appoggio incondizionato. Artisti, cittadini e provider rimangono scettici

Non più di una settimana fa il Segretario di Stato britannico, Lord Mandelson, aveva riproposto nel Regno Unito l’eventualità di instaurare un regime antipirateria ricalcato sulla dottrina Sarkozy: monitoraggio da parte dell’industria dei contenuti, identificazione dell’utente da parte dei provider, avvertimenti nei confronti di chi venga colto a condividere in violazione della legge e taglio della connettività per punire coloro che si dimostrino recidivi.

La prospettiva di restare prigionieri di una legge mutuata dall’altra parte della Manica non sarebbe piaciuta quasi a nessuno: nemmeno ad artisti come Paul McCartney ed Elton John che, unendosi al coro di varie associazioni di categoria come Featured Artists Coalition e British Academy of Songwriters , hanno bollato la proposta di reintegrare le disconnessioni punitive come priva di logica e decisamente inutile per giungere a una soluzione.

La levata di scudi ha coinvolto anche i provider , cui spetterebbe l’arduo compito di mettere fisicamente al bando dalla Rete i clienti che ne fanno abuso, e di dover fare da boia per conto dello Stato. British Telecom e Orange UK sono solo alcuni tra i firmatari di una lettera pubblicata dal Times in cui i fornitori di connettività hanno espresso le proprie preoccupazioni circa i metodi di prevenzione paventati da Mandelson: “Noi non approviamo e non incoraggiamo questo fenomeno – si legge nella missiva – ma abbiamo molte riserve riguardo i mezzi proposti dal governo per ridurre il filesharing illegale, che a nostro parere non potranno altro che danneggiare i consumatori”.

L’opinione pubblica sembra non gradire affatto il progetto di Lord Mandelson, ma le autorità avrebbero ragione di agire: un sondaggio pubblico che dipingerebbe più del dieci per cento dei britannici come pirati del Web . Tuttavia i risultati emersi hanno destato qualche sospetto circa l’attendibilità delle interpretazioni fatte dal committente, British Phonographic Industry (BPI): in un programma radiofonico della BBC sono stati analizzati i dati di più di 1.100 interviste fatte ad altrettanti cittadini, dei quali l’11,6 per cento aveva ammesso di aver utilizzato programmi di condivisione, senza necessariamente aver commesso reati. Eppure per le lobby dell’industria dei contenuti la proiezione reale di una percentuale del genere equivale a quasi 7 milioni di pirati britannici.

Tutti criminali da disconnettere , almeno secondo Mandelson e le case discografiche: “La pirateria – osserva Mandelson – è qualcosa di sbagliato”. “Appropriarsi di qualcosa senza dare nulla in cambio, senza aver ottenuto il permesso, e senza offrire un compenso alla persona che ha creato questa cosa e la possiede – insiste il Segretario di Stato – è qualcosa di sbagliato”.

A sostegno parziale del suo collega è intervenuto David Lammy, ministro della Proprietà Intellettuale, il quale pur confermando la pericolosità del file-sharing ha spiegato che una campagna di informazione per i cittadini garantirebbe effetti migliori rispetto alla pratica delle disconnessioni. Intervenendo ad un convegno organizzato da MPAA, Lammy ha spiegato che non serve tagliare i rifornimenti agli sharer, bisogna invece fare in modo che il cittadino abbia la volontà di entrare in possesso di un file in maniera legale , riconoscendo all’autore quanto dovuto.

Giorgio Pontico

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Pubblicato il
7 set 2009
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