Un tool di Google denuncerà violazioni alla neutralità

Un tool di Google denuncerà violazioni alla neutralità

A Mountain View vogliono scovare i provider che giocano con i filtri per limitare il file sharing e il traffico degli utenti
A Mountain View vogliono scovare i provider che giocano con i filtri per limitare il file sharing e il traffico degli utenti

Partire lancia in resta all’attacco dei cattivi ISP che filtrano talune tipologie di traffico di rete, fregandosene della net neutrality e dei diritti degli utenti-consumatori. È quello che si appresterebbe a fare Google: il moloch sembra ora convinto di dover sfruttare la propria posizione privilegiata in seno all’economia di rete per salvaguardare il diritto di tutti ad accedere a ogni tipo di contenuti .

Un comportamento cinicamente ambiguo o un afflato idealista teso a difendere quelle caratteristiche all’accessibilità che hanno portato Google ad essere il gigante che è oggi? Affronta l’inevitabile dilemma Richard Whitt, senior policy director della società intervenuto alla discussione “Innovation ’08” ospitata presso la Santa Clara University, a poca distanza dalla città di San Francisco.

“Stiamo provando a sviluppare strumenti software”, ha rivelato Whitt alla platea, “che permettano agli utenti di capire quello che sta succedendo sulle loro connessioni a banda larga” in modo da permettere loro di accorgersi dell’eventuale presenza di pratiche di traffic shaping da parte dei provider.

La posta in gioco è altissima, avverte il G-man , e non è limitata solo al recente affaire Comcast : “Le forze allineate contro di noi sono reali. Sono in circolazione da decenni. Il loro portafogli è bello gonfio. Hanno forti connessioni con Washington”, sostiene Whitt, e per questo, per l’influenza che possono giocare sulle politiche di Capitol Hill, lo scontro andrebbe trasferito sull’unico campo dove ci sono ancora ampi margini di vittoria , vale a dire la tecnologia e il software di rete.

Non vengono forniti ulteriori dettagli sulle tempistiche di rilascio e sul tool in sé, ma Whitt ribadisce più volte la ferma intenzione di Google di puntare i piedi nella sempre scivolosa questione della net neutrality. Un’intenzione che arriva da lontano , ed è suffragata, a parere dell’ executive di Mountain View, dallo stesso peso specifico dell’industria che è nata proprio grazie all’espansione del business della società.

“Siamo una società nata e cresciuta sull’innovazione – continua Whitt – Siamo nati dalla Internet di Silicon Valley. Abbiamo avuto la possibilità di dare per scontato il fatto che avremmo potuto innovare in rete senza il bisogno del permesso da parte di nessuno, nessun provider di connettività, nessun eventuale guardiano della rete che provasse a dirci cosa fare”.

Ed è proprio in difesa di questo sacrosanto principio alla libertà di innovare e sviluppare nuovi servizi che si muovono decisi i piani alti di BigG, sordi anche alla non indifferente possibilità di salvaguardare l’attuale status quo – adottando una posizione molto più conservativa sulla net neutrality – e quindi la posizione privilegiata di Google stessa nel panorama del web attuale.

Tra gli intervenuti al panel californiano, l’esperto George Ou ha avuto qualcosa da ridire nei confronti della nuova iniziativa di Google. Ou, che si dice fortemente convinto del fatto che una rete non regolarizzata e “moderata” a-là Comcast costituirebbe la fine dello sviluppo e della diffusione di tecnologie video e VoIP , punta il dito sulla policy adottata da Mountain View in Cina, ove Google offre notoriamente risultati di ricerca monchi della terminologia invisa alla propaganda di regime del Partito del Popolo.

Più che neutrale, per Ou la rete dovrebbe essere piuttosto “trasparente”, e l’errore di Comcast non è stato tanto voler mettere mano nei bit scambiati dai propri utenti quanto non aver espresso chiaramente, nei propri termini di servizio, la presenza del filtro sul traffico BitTorrent. Ma la trasparenza deve interessare tutti gli anelli della connettività, inclusi i provider di applicazioni come Google. E Google, a parere di Ou, è “‘l’unica società americana in questo panel a fare cose ingiuste e a non raccontarlo alla gente”. Google filtra i contenuti in Cina , osserva, altro che neutralità apodittica e salvaguardia dell’innovazione.

Whitt risponde però pacato alle accuse di Ou che il filtering di “alcuni termini di ricerca” sul motore cinese non ha nulla a che fare con la neutralità di rete, e che soprattutto in fondo alla pagina web del motore è indicato chiaramente che è attivo il filtro voluto dal governo . “Questa è trasparenza” dice Whitt.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 16 giu 2008
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