USA, chi ha capito la pubblicità digitale?

USA, chi ha capito la pubblicità digitale?

Molti editori statunitensi non riescono a capitalizzare al meglio le inserzioni dell'advertising online. Sarebbero poco accattivanti e non raggiungerebbero il target desiderato
Molti editori statunitensi non riescono a capitalizzare al meglio le inserzioni dell'advertising online. Sarebbero poco accattivanti e non raggiungerebbero il target desiderato

Pubblicità online: un mercato in continua espansione, un business da 32 miliardi di dollari il cui valore potrebbe raddoppiare entro il 2016. L’anno in cui il flusso di spesa degli inserzionisti digitali sarà per la prima volta pari a quello nell’ advertising classico su carta stampata, radio e televisione.

Ma riusciranno i vecchi giganti dell’informazione a sfruttare al meglio le nuove opportunità offerte da banner e sgargianti pop-over? A rivelarlo è ora uno studio realizzato dallo statunitense Pew Research Center Project for Excellence in Journalism , partito da un campione di 22 editori impegnati in attività web e un totale di 5.200 pubblicità in formato digitale.

Il risultato? A grandi linee, le inserzioni web dei siti d’informazione non riescono a tenere il passo di quelle social, ovvero costruite ad hoc per gli utenti di Google o Facebook. In altre parole, i banner di siti di informazione non riescono a raggiungere il target desiderato , pubblicità fantasma letteralmente ignorata dagli utenti.

Colpa magari di inserzioni statiche , che rappresentano la maggior parte del volume pubblicitario sui siti d’informazione. Nessun filmato accattivante, anche se entro quest’anno il livello di spesa nella video advertising dovrebbe crescere del 43 per cento . Ma si tratterebbe più che altro di una questione strategica.

In sostanza, solo i siti di CNN , Yahoo! News e New York Times scelgono di inserire pubblicità customizzate , ovvero adattate ai comportamenti online degli utenti. In particolare inserzioni scelte su misura, in base alle più recenti attività di ricerca dei potenziali clienti . Mentre il 21 per cento degli editori sceglie pubblicità relative ai propri prodotti editoriali.

“L’oro di Internet saranno le informazioni relative ai consumatori”, ha spiegato il direttore del Pew Research Center Project . Le abitudini di navigazione dei netizen saranno quindi cruciali nella conquista del vero valore del nuovo advertising digitale. Altrimenti si rischia di avere il forziere pieno senza la chiave giusta per aprirlo.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
15 feb 2012
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