USA, la net neutrality scalda

USA, la net neutrality scalda

La proposta di nuove regole in difesa di una Internet aperta e neutrale scatenano commenti da ogni dove, con opinioni contrastanti ma anche tanta politica. In attesa che la FCC entri nel merito
La proposta di nuove regole in difesa di una Internet aperta e neutrale scatenano commenti da ogni dove, con opinioni contrastanti ma anche tanta politica. In attesa che la FCC entri nel merito

Net neutrality 1, ISP zero e palla al centro. Come ampiamente prevedibile, la forte presa di posizione della Federal Communications Commission e dei suoi vertici sulla necessità di mantenere Internet aperta a ogni genere di applicativo e di servizio ha animato la discussione tra politica, aziende e protagonisti del settore, in parte concordi e in parte ostili a quello che si avvia a essere un tema caldo dell’autunno e non solo.

La net neutrality è un principio che necessita di due nuove regole sulla non discriminazione dei servizi e la trasparenza dei provider, ha detto il presidente di FCC Julius Genachowski, e com’è costume della presidenza Obama l’organismo di controllo ha messo in piedi un sito Internet apposito che fungerà da contenitore per la discussione sull’argomento.

E se Obama si è naturalmente speso per encomiare gli sforzi di Genachowski appoggiando senza condizioni il concetto di openness applicato alla rete delle reti, Washington mette in mostra crepe e divisioni anche all’interno di uno stesso partito politico : il Repubblicano Ed Markey ha definito le nuove regole proposte da Genachowski una componente chiave della proposta di legge in cui lui e altri colleghi vogliono codificare “protezioni vitali per i consumatori e gli innovatori”. Ma sempre per parte repubblicana il senatore del Texas Kay Bailey Hutchison si muove in senso opposto, presentando un emendamento a una legge di stanziamento teso a proibire alla FCC di spendere fondi per sviluppare e implementare le nuove regole. “Sono profondamente preoccupato per la direzione che la FCC sembra aver intrapreso” ha dichiarato Hutchison, sottolineando la vitalità degli investimenti e delle innovazioni nelle performance del network telematico e la necessità, in casi del genere, di andarci coi piedi di piombo quando si tratta di stabilire nuovi vincoli legali.

Passando dalla politica agli ISP il feedback si fa ancora più sfaccettato, con i giganti della connettività statunitensi che in principio sembrano tutti d’accordo sulla net neutrality tranne poi spendersi in vari “ma” e “però” tesi a mettere paletti all’azione regolamentatrice della FCC o ad allontanare l’intervento del governo sulle reti wireless.

AT&T, Verizon, persino la Comcast che tanto si è spesa per arginare il P2P , tutti sono a favore della openness telematica, dei servizi non discriminati e di una Internet aperta all’innovazione e all’evoluzione imperitura. Andando ad analizzare nei dettagli le varie posizioni dei provider, però, ecco che emergono i distinguo.

AT&T dice di aver sempre fatto business in funzione della net neutrality e si dice disposta a supportare le nuove regole previste dalla FCC, almeno finché tali regole non vadano a impattare sulle reti senza fili, vale a dire “il mercato consumer più competitivo d’America”.

Verizon non vede alcuna necessità nelle nuove leggi, avendo la società una buona tradizione in fatto di net neutrality e rispetto dei vari servizi attivi su cavo o su rete cellulare. Comcast, che si è distinta per l’ampio impiego di traffic shaping pare sostenere la posizione di Genachowski dicendo di aver sempre “onorato” le regole di openness come stabilite dalla FCC, una posizione che non le ha comunque impedito di adire le vie legali contro l’organo federale in merito ai fatti sui filtri BitTorrent degli anni passati.

A fare da corollario alla discussione sulla net neutrality si è poi sollevata una serie di considerazioni sull’ampio spettro della neutralità: anche su una rete più trasparente e “aperta” ai protocolli e all’innovazione Apple potrebbe continuare a rifiutare le applicazioni da rendere disponibili su iPhone, gli ISP potrebbero non smettere di proporre tariffe al consumo e l’industria dei contenuti potrebbe seguitare a fare pressioni per trasformare i provider in cacciatori di taglie dell’antipirateria.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
22 set 2009
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