USA, planano gli avvoltoi dello sharing

USA, planano gli avvoltoi dello sharing

Decine di migliaia di cause contro utenti BitTorrent e altrettante ancora in attesa di partire: legali e industria dei contenuti rastrellano sospetti e propongono patteggiamenti informali. A suon di dollari
Decine di migliaia di cause contro utenti BitTorrent e altrettante ancora in attesa di partire: legali e industria dei contenuti rastrellano sospetti e propongono patteggiamenti informali. A suon di dollari

All’inizio fu Davenport Lyons , poi vennero i legali di ACS:Law e ora è il turno del misconosciuto “U.S. Copyright Group” partecipare alle razzie. L’obiettivo? Sempre lo stesso, vale a dire minacciare legalmente presunti downloader (in questo caso su rete BitTorrent) di contenuti protetti dal diritto d’autore e costruire un vero e proprio business sull’assunto che in tanti pagheranno per evitare il tribunale .

La novità è che la pratica non riguarda più (solo) il Regno Unito ma (anche) gli Stati Uniti, dove le principali organizzazioni dell’industria hanno da tempo spostato la propria attenzione dalle cause contro privati cittadini all’azione esercitata nei confronti degli ISP. I “clienti” di USCG, non a caso, sarebbero etichette cinematografiche indipendenti interessate a sfruttare il P2P come canale alternativo per la raccolta dei ricavi.

Secondo quanto riportato dal solitamente bene informato The Hollywood Reporter , USCG utilizza una tecnologia proprietaria sviluppata dalla tedesca Guardaley IT capace di monitorare in tempo reale i download cinematografici su BitTorrent, rastrellando indirizzi IP e altre informazioni utili a identificare con accuratezza i contenuti scaricati e gli utenti presunti “colpevoli” di infrazione del copyright.

Tali informazioni possono essere poi impiegate per preparare la campagna di missive legali dal sapore ricattatorio, una campagna che conterebbe già 20mila spedizioni ad altrettanti utenti e altre 30mila lettere da inviare nei prossimi mesi . I legali coinvolti nella vicenda non si difendono dietro presunte giustificazioni di equità e rispetto dei diritti degli artisti, sostenendo apertamente di essere impegnati nella creazione di “un flusso di ricavi e nella monetizzazione dell’equivalente di un canale di distribuzione alternativo”.

Niente arte, solo money assicurano dall’USCG, e, al di là del prevedibile contraccolpo mediatico della pratica, pare che il sistema abbia già ottenuto qualche risultato . Alcune delle persone “avvisate” dal gruppo hanno già pagato la somma di denaro richiesta per il patteggiamento informale.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
31 mar 2010
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