USA, processo ai troll del copyright

USA, processo ai troll del copyright

Un indirizzo IP non costituisce una prova per assalire gli scariconi delle reti BitTorrent e P2P. Nel mirino del giudice, il meccanismo estorsivo basato sulle informazioni fornite dai provider
Un indirizzo IP non costituisce una prova per assalire gli scariconi delle reti BitTorrent e P2P. Nel mirino del giudice, il meccanismo estorsivo basato sulle informazioni fornite dai provider

Negli ultimi anni, i signori del copyright statunitense hanno avviato un curioso meccanismo dal forte sapore estorsivo, denunciando a raffica centinaia di migliaia di scariconi delle reti BitTorrent e P2P. Un procedimento semplice quanto inquietante: i vari provider vengono obbligati da un giudice a consegnare tutti quei dati utili a dare un nome ad un determinato indirizzo IP.

Dalle serie di numeri agli utenti colti in flagrante, titolari dell’abbonamento per la connessione alla Rete. Ai presunti downloader viene dunque presentata un’offerta implacabile: pagare subito una cifra forfettaria – in genere, non meno di mille dollari – o proseguire sul tortuoso sentiero legale . Tra i cosiddetti troll del copyright l’obiettivo appare uno solo, guadagnare subito denaro sfruttando la paura degli utenti.

Ma un gruppo di cinque cittadini della Pennsylvania non ha dimostrato alcuna paura, convinto di aver subito un’autentica forma di estorsione. Contattati dal produttore di contenuti per adulti Malibu Media, gli utenti si erano rivolti ad un tribunale locale per contestare i reati, non avendo mai scaricato alcun contenuto a luci rosse. Il giudice Michael Baylson ha ora ordinato l’avvio di un processo Bellwether , utile per giudicare la situazione di più persone con la stessa tesi.

Lo stesso Baylson ha sottolineato come i metodi sfruttati da Malibu Media non tengano affatto conto di un dettaglio a suo dire fondamentale: agli indirizzi IP – o comunque ai titolari di un abbonamento con un qualsivoglia provider – non corrisponde necessariamente un colpevole . Le connessioni WiFi potrebbero risultare non protette, alla mercé degli scrocconi di banda o di eventuali ospiti in casa.

In altre parole , lo sfruttamento di un indirizzo IP come prova a carico di un abbonato rappresenterebbe una strategia errata per avviare i meccanismi di compensazione in cui sperano società come Malibu Media. L’azienda a luci rosse dovrà dimostrare che i cinque utenti accusati siano davvero responsabili dello scaricamento di materiale pornografico . Perseguire certe tattiche intimidatorie non sarà più così semplice.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
10 ott 2012
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