Come ben sa chi segue le evoluzioni dell’ambito VPN, nei mesi scorsi l’India ha deciso di introdurre una nuova legge che obbliga i gestori di questi servizi a raccogliere e conservare per lungo tempo i dati degli utenti. Una pratica che va contro il principio di tutela della privacy richiesto da chi li sceglie. Molti si sono dichiarati contrari, ora c’è chi fa causa al governo di Nuova Delhi.
La battaglia di SnTHostings per le VPN in India
È il caso di SnTHostings, società con sede a Pune e che si occupa di hosting. I suoi vertici hanno scelto questa strada per opporsi alla direttiva introdotta dal CERT-In (Indian Computer Emergency Response Team). La High Court della capitale ha fissato per il 9 dicembre l’inizio del procedimento legale.
Gran parte dei provider che offrono Virtual Private Network ha deciso di spegnere i server operativi nel paese dopo l’introduzione della nuova legge. Il motivo è presto detto: come anticipato in apertura, l’obbligo di raccogliere ed eventualmente condividere le informazioni riguardanti l’attività degli utenti, rende vana la loro volontà di avvalersi dell’anonimato online. È contraria alle policy no log.
Questi i dati che le aziende sono chiamate a raccogliere e conservare per un periodo fino a cinque anni.
- Generalità (nome e cognome);
- indirizzo di residenza;
- indirizzo email;
- numero di telefono;
- motivo per cui si utilizza una VPN;
- date di accesso al servizio;
- indirizzo IP e indirizzo email impiegati per la registrazione al servizio;
- momento esatto in cui è stata effettuata la registrazione;
- elenco degli indirizzi IP messi a disposizione dell’utente durante l’utilizzo della VPN e di quelli realmente impiegati.
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