Il primo match della tanto attesa gara fra il supercomputer Watson e i due grandi campioni di Jeopardy si è concluso, con un risultato di parità che conferma la bontà degli algoritmi software messi a punto da IBM e promette grandi cose per le applicazioni future di questa vera e propria “intelligenza artificiale” capace di comprendere questioni complesse poste in linguaggio naturale .
Nel torneo di Jeopardy organizzato espressamente per testare le abilità di comprensione linguistica di Watson, i concorrenti umani Ken Jennings e Brad Rutter si sono trovati prima di tutto a dover affrontare la velocità di calcolo di un supercomputer equipaggiato con 2.880 processori POWER7 (organizzati in novanta server POWER 750), 16 Terabyte di memoria RAM e 4 Terabyte di storage.
La prima sfida è stata quella alla capacità di Watson di “premere” il buzzer per rispondere al quesito posto dal presentatore – che nella declinazione di Jeopardy si tratta di una risposta a cui bisogna contrapporre una domanda che individua il soggetto sottinteso – più velocemente di tutti.
Per quanto riguarda la correttezza delle risposte, invece, Watson ha dato prova di grande abilità nel comprendere i quesiti attraverso il suo incredibile intreccio di algoritmi ma anche di qualche difetto strutturale che lo ha portato a sbagliare risposta in un modo che un essere umano avrebbe facilmente evitato.
In una occasione Watson ha persino sbagliato a rispondere nella stessa maniera del concorrente Ken Jennings, segno evidente del fatto che il procedimento logico adottato dalla macchina era riuscito a replicare in freddi circuiti quello seguito dal suo avversario in carne e ossa.
Alla fine del primo round Jennings è risultato perdente con solo 200 dollari conquistati, mentre Watson e Rutter sono finiti in parità con 5000 dollari ciascuno. Indipendentemente dal risultato pratico, a ogni modo, le performance cognitive del supercomputer IBM dimostrano il livello di sofisticazione sin qui raggiunto dagli studi sull’intelligenza artificiale e apre le porte alle potenziali applicazioni commerciali con cui Big Blue non vede l’ora di monetizzare i denari – si dice tra il 5 e il 10% di 6 miliardi di dollari – investiti nel progetto.
Alfonso Maruccia