WebTheatre/ YouTube, il disastro della diretta

WebTheatre/ YouTube, il disastro della diretta

di G. Niola - Non sono Internet, o i formati di Internet, a fare la differenza. Quando si usa YouTube come un mezzo di espressione canonico, industriale, il prodotto è inesorabilmente trito
di G. Niola - Non sono Internet, o i formati di Internet, a fare la differenza. Quando si usa YouTube come un mezzo di espressione canonico, industriale, il prodotto è inesorabilmente trito

Quello che è successo ieri sera alle 22 italiane (poi si ritornerà sulla storia degli orari di trasmissione) ha dello storico. Si tratta della prima trasmissione dal vivo di un canale ufficiale di YouTube. Sebbene il Tubo ne abbia già fatti parecchi di Live, musicali e non (la funzione della diretta, inattiva in Italia, è disponibile da tempo negli USA), questa volta si tratta della messa online del primo episodio di una trasmissione giornaliera di uno dei canali ufficiali (e co-finanziati) che un anno fa erano stati promessi da Google. Si tratta di My Damn Channel LIVE , versione in diretta di uno dei siti di produzione di video per la rete più popolari di sempre, una volta affezionato ai propri player proprietari e da poco convertitosi al verbo di YouTube, fino addirittura ad avere uno dei canali ufficiali (per le cui trasmissioni ha comprato un appartamento al centro di New York). YouTube e My Damn Channel hanno insomma ha fatto la televisione, hanno realizzato un programma e l’hanno mandato in diretta per 30 minuti, facendolo sembrare uno sforzo epico.

Il risultato è stato un disastro e ha dimostrato, una volta di più, che il punto non è il mezzo quanto le persone. Non è YouTube a fare la differenza o Internet o i video di durata breve, ma il fatto che a questa forma produttiva abbiano partecipato e stiano partecipando le intelligenze più scaltre e vi si stiano interessando i talenti più fulgidi. Quando invece diventa mezzo d’espressione canonico, sottoposto alle consuete leggi del successo obbligato e della produzione industriale, il risultato non è differente da quanto abbiamo sempre visto.
Per mezz’ora Beth Hoyt ha salutato gli utenti, introdotto diverse brevi puntate da classiche webserie vecchie e nuove di MyDamnChannel e ha parlato un po’, in un salottino di banalità degne dei migliori canali della vecchia televisione, con Jon Glaser (comico televisivo che solitamente lavora con Conan O ‘Brian, recentemente sfrattato dalla tv e ora online su un proprio canale).

Le webserie presentate oscillavano dal massimo del già visto (il primo episodio della nuova stagione di Wainy Days, di cui avevamo parlato qua ) al massimo dell’atteso (You Rock at Photoshop seguito, a 4 anni di distanza, della fortunatissima You Suck at Photoshop, che raccontammo qua ), il tutto in ossequio alle più trite regole dello show business televisivo, davanti ad una scenografia da programma di MTV e non vergognandosi delle peggiori bassezze messe in scena per conquistare il pubblico (Beth Hoyt che finge, seriamente, di ricevere un “inatteso” SMS da Jon Glaser dopo l’intervista).

Nemmeno le view (non disponibili al momento) sembrano aver premiato l’iniziativa, almeno a giudicare dall’interazione su Twitter (quasi inesistente). Forse non ha giovato l’orario di messa online. Lo show è partito alle 16, ora di New York, cioè alle 13, ora di Los Angeles, ovvero in un arco tra le 20 e le 22 in Europa (in contemporanea con la partita di Champions League Barcellona – Milan, non il massimo).

Un flop di contenuti e di interazione come raramente se ne erano visti al lancio di una simile iniziativa (a cui, va detto, YouTube non ha molto partecipato in termini di buzz, forse intuendo la possibile debacle). In una forma audiovisiva, quella delle produzioni per la rete, in cui show a metà tra il tradizionale e l’innovativo come Rocketboom dovrebbero fare da punto di riferimento, realizzare una brutta puntata di un qualsiasi show di MTV degli anni ’90 ha dell’imperdonabile.

La cosa è tanto più incredibile (e deprimente) se si considera chi sia il Director of Content di My Damn Channel, quel Jesse Cowell che con due webserie straordinarie come Status: Kill e Drawn By Pain sembrava destinato ad essere uno dei primi veri “autori” del mondo dell’audiovisivo in rete.

Gabriele Niola
Il blog di G.N.

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Pubblicato il
29 mar 2012
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