Quando una piattaforma che gestisce milioni di file modifica silenziosamente i suoi termini di servizio per rivendicare il diritto di usare quei dati per migliorare i suoi modelli AI, qualcosa puzza. E WeTransfer l’ha fatta proprio grossa. L’ira funesta dei suoi utenti l’ha costretta a battere in ritirata.
Ma il dubbio resta, c’è poco da fare. Quando un’azienda dice non era sua intenzione
, dopo aver scritto nero su bianco il contrario, perché dovremmo crederle?
WeTransfer fa marcia indietro dopo la rivolta degli utenti sulla clausola AI
WeTransfer ha aggiornato i suoi termini di servizio introducendo l’articolo 6.3. La clausola autorizzava la piattaforma a utilizzare i contenuti per scopi di sfruttamento, sviluppo, commercializzazione e miglioramento del Servizio. Questo include il miglioramento delle prestazioni dei modelli di apprendimento automatico.
Ogni foto, documento, video o file caricato sulla piattaforma poteva finire nel tritacarne dell’intelligenza artificiale, anche se condiviso privatamente. Un cambio di rotta decisamente inaspettato e spiazzante.
L’insurrezione degli utenti
La reazione non si è fatta attendere. Appena scoperta la modifica, che sarebbe entrare in vigore l’8 agosto, gli utenti hanno iniziato a minacciare l’abbandono di massa della piattaforma. Social media in fiamme, ricerca disperata di alternative, fiducia distrutta in poche ore.
È il potere della trasparenza forzata. Quando gli utenti scoprono cosa c’è scritto davvero nei termini di servizio che nessuno legge mai, possono succedere cose interessanti.
La ritirata strategica
Di fronte alle minacce degli utenti, WeTransfer ha fatto quello che fanno tutte le aziende colte con le mani nel sacco: ha chiamato la BBC per “chiarire” la situazione. Secondo l’azienda, non è mai stata intenzione utilizzare i file privati per addestrare l’AI. Il problema è che l’articolo 6.3 diceva esattamente il contrario, in termini legali chiari e inequivocabili. L’azienda ha ammesso che la clausola poteva creare confusione
, così l’ha modificata. Ha fatto sparire ogni riferimento all’apprendimento automatico.
La nuova versione suona molto più innocua: Ci concedete una licenza gratuita per utilizzare i vostri contenuti per scopi di funzionamento, sviluppo e miglioramento del Servizio, tutto in conformità con la nostra politica sulla privacy e sui cookie.
La spiegazione di WeTransfer somiglia più a un ripensamento che a un semplice chiarimento. Quando si scrive miglioramento dei modelli di apprendimento automatico
nei termini legali, non è un errore di battitura o un malinteso comunicativo.
È una strategia deliberata che è saltata solo perché qualcuno ha effettivamente letto i termini di servizio e ha fatto casino sui social media. La domanda legittima è: quante altre aziende stanno facendo la stessa cosa sperando che nessuno se ne accorga?