Washington (USA) – Accusa e difesa avrebbero raggiunto un’intesa nel caso antitrust contro Microsoft: la notizia non è ancora stata confermata ufficialmente sebbene in molti, ormai, la diano per certa. Di sicuro l’accordo, se verrà confermato in tribunale, porterà ad una svolta attesa ma clamorosa nel più importante procedimento giudiziario che abbia coinvolto un produttore di software negli Stati Uniti.
Stando al New York Times, l’accordo è stato discusso a Washington tra i procuratori del Ministero e quelli dei 18 stati che si sono uniti nella causa contro Microsoft e che rappresentano al momento “l’ala dura” dell’accusa che chiede provvedimenti più pesanti contro l’azienda. Perché l’intesa raggiunta con Microsoft diventi “efficace” dovrà comunque essere approvata da un tribunale federale.
Il ministero sta cercando di convincere gli stati ad accettare l’idea che questo accordo debba essere firmato, una missione difficile vista la forte opposizione finora dimostrata dai singoli procuratori contro una qualsiasi forma di intesa con l’azienda. Una linea dura che, secondo gli osservatori, è diventata del tutto intransigente da quando si è insediata l’amministrazione Bush, che è ritenuta più “vicina” a Microsoft di quella precedente.
L’accordo che il Ministero ha posto sul tavolo prevede una sorta di “libertà vigilata” per Microsoft dalla durata di cinque anni, periodo nel quale un comitato di tre esperti vigilerebbe sulla condotta di mercato dell’azienda. Qualora questa in qualche occasione uscisse dai limiti imposti dal tribunale, i cinque anni potrebbero diventare sette. Un accordo che secondo molti, e tra questi sia le associazioni dei consumatori che le altre imprese rivali di Microsoft, non impedirebbe all’azienda di sfruttare quello che viene definito monopolio nel mercato dei sistemi operativi. E che non consentirebbe di sorvegliare adeguatamente l’azienda di Bill Gates.
Microsoft, da parte sua, in questo quadro si impegnerebbe ad eliminare i termini restrittivi sui contratti con i costruttori di computer nonché gli accordi speciali sui prezzi, due pratiche che, secondo l’accusa, avrebbero consentito all’azienda di ampliare la propria utenza illecitamente e a danno dei concorrenti.
Uno degli elementi chiave dell’accordo prevede che Microsoft debba anche condividere con le imprese rivali le informazioni necessarie a consentire la realizzazione di software che si integrino al meglio in Windows. Microsoft è infatti stata riconosciuta colpevole di aver trattenuto informazioni utili alla realizzazione di applicativi perfettamente integrati in Windows da parte dei propri competitor.
Secondo il Ministero, questi elementi porterebbero nel loro insieme ad un migliore equilibrio nel settore, impedendo contestualmente a Microsoft di fare quanto teme una parte dell’accusa, ovvero sfruttare a proprio vantaggio la posizione che le deriva dalla diffusione del proprio sistema operativo Windows.
L’intesa sembra invece fare piazza pulita di una serie di “rimedi” che erano stati proposti da consumatori e imprese rivali. Tra questi, l’imposizione a Microsoft di rendere di dominio pubblico le proprie tecnologie di browsing, di dare in licenza le tecnologie Windows alle imprese che volessero realizzare con queste propri software e di evitare qualsiasi legame tra il sistema operativo e il browser o i software di riproduzione multimediale.
Nelle prossime ore, l’accordo raggiunto tra Ministero e Microsoft sarà presentato al tribunale e, in quella sede, si vedrà se gli stati intenderanno opporsi. Se l’accordo venisse accettato, sarebbe per loro assai complesso continuare da soli i procedimenti accusatori contro l’azienda. Tuttavia non pochi scommettono sullo “scisma” nel fronte accusatorio, con gli stati da una parte e il Ministero dell’altra.